mercoledì 12 aprile 2017

Biciclettate in testa e tutti zitti!

La locandina del quotidiano locale di qualche giorno fa riportava la notizia secondo cui la città in cui vivo,  si ritrova a occupare uno dei primi posti per numero di multe comminate. Non nego che sia così. Osservo tuttavia che l'elevato numero di multe, almeno al momento, non mi sembra abbia modificato comportamenti che violano sistematicamente le regole della convivenza civile nonché quelle del codice stradale.
Quotidianamente incrocio (a volte mettendo a rischio anche la stabilità delle mie ginocchia, essendo costretta a cambi di direzione improvvisi) ciclisti che percorrono (talvolta anche a velocità sostenuta)  marciapiedi non individuati come piste ciclabili, ciclisti che percorrono contromano carreggiate riservate alla circolazione dei veicoli, pedoni che attraversano fuori dalle strisce pedonali, sbucando a volte dietro autobus o mezzi che impediscono di vederli chiaramente, costringendo gli automobilisti a brusche ed improvvise frenate, pedoni che attraversano con il rosso, automobilisti che in prossimità delle strisce pedonali accelerano anziché rallentare, automobilisti che, al scatto del verde, partono come se partecipassero al gran premio.
Tacerò poi delle strade disseminate di escrementi di cane i cui proprietari si guardano bene dal raccogliere.
Quel che maggiormente mi indigna, tuttavia, è l'arroganza di chi non rispetta le regole e che risponde seccato se glielo si fa notare.
Un paio di settimane fa, in una circostanza simile, ho rischiato una biciclettata in testa: percorrevo il marciapiede antistante il mio edificio scolastico; era l'ora di inizio delle lezioni e c'erano molti pedoni. Improvvisamente, facendosi avanti tra uno slalom e l'altro, è arrivato un ciclista che ha chiesto sì permesso, ma lo ha fatto sfiorando i pedoni che gli impedivano il passaggio. Ho commentato fra me e me (ma non tanto da non essere sentita): "Chiede pure permesso! Roba da matti!". Non lo avessi mai fatto: il tipo, grande e grosso, ha afferrato a due mani la bicicletta, sollevandola, e a cominciato a inveire contro di me in inglese (o almeno, penso che di inglese si trattasse, avendo io riconosciuto, tra le altre parole, quella del titolo di una canzone di un po' di anni fa degli Articolo 31 cantata con Paola Turci). Non ho osato guardarlo e ho temuto di ricevere la bicicletta sulla testa. Sono ammutolita e ho proseguito il mio cammino, temendo di essere aggredita. Mi sono indignata e, ancora oggi, ricordando l'episodio, mi indigno ancora di più: sinceramente io non ne posso più di avere a che fare con chi, sempre più spesso, non solo non rispetta le regole ma non rispetta nemmeno gli altri che, muti, devono accettare la legge di chi urla più forte.

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