sabato 24 settembre 2016

Per giorni e giorni...






"Per giorni e giorni senza che nulla accadesse.
Il mare vuoto, vuota agitazione
di memorie e di membra senza attesa.
E un giorno tu compari sull'orizzonte.
Due punti che si guardano da lontano.
Quanto spiarsi, come cose immortali!"

Vittorio Bodini, "Appunti di poesia", 1943 -1961
Pubblicato in: Vittorio Bodini: "Poesie (1939 -1970)", Congedo Editore, Galatina, 1980 su licenza Arnoldo Mondadori Editore, pgg. 5 -6.


giovedì 25 agosto 2016

"Ora però basta!"

"Ora però basta!" continuiamo a ripetere nelle più disparate situazioni e l'espressione sembra essere diventata un mantra che dovrebbe miracolosamente liberarci da tutti i nostri mali, individuali e/o sociali, che quotidianamente ci affliggono.
La verità, però, è che spesso non si fa nulla di concreto perché ciò che ci disturba possa davvero essere eliminato.
Spesso si dimentica che le situazioni che si vivono non sono altro che il risultato di scelte, più o meno consapevoli, precedenti.
La superficialità, l'inettitudine, l'incompetenza, la brama di guadagno, la cocciutaggine, l'irresponsabilità, l'ignoranza, per esempio, possono condizionare le nostre azioni e le nostre scelte quotidiane, fino al punto di trascinarci, a volte, in situazioni antipatiche o, ancor peggio, oscure e pericolose quando non tragiche.
Eppure basterebbe poco per evitare di incappare in situazioni, individuali o collettive, spiacevoli.
Occorrerebbe che tutti, fin dalla più tenera età, imparassero a rispettare sé stessi e gli altri, meditando prima di prendere una decisione, anche la più banale, magari, e riflettendo, studiando, approfondendo le questioni senza farsi tentare dalle vie più brevi ma oscure e restando sempre consapevoli che vivendo si può e si deve giocare, soprattutto quando si è bambini, ma giocare con la propria vita e con la vita degli altri non è mai giustificabile, a qualunque età.

mercoledì 10 agosto 2016

"Non servono parole"

A volte basta uno sguardo. Uno sguardo intenso, profondo, capace di comunicare sentimenti ed emozioni, molto più delle parole.
Quello sguardo, sui social, può essere sostituito dalle emoticon. 
L'emoticon, postata col cuore, può valere più di mille parole.

sabato 6 agosto 2016

Enola Gay

"Enola Gay" è il nome dell'aereo militare USA che sganciò la prima bomba atomica sulla città giapponese di Hiroshima, il 6 agosto 1945 alle ore 8,15 del mattino.



L'evento viene ricordato nel brano "Enola Gay", una canzone degli "Orchestral Manoeuvres In The Dark" inserita nell'album "Organization" del 1980.

https://www.youtube.com/watch?v=d5XJ2GiR6Bo


"Enola Gay"
Orchestral Manoeuvres In The Dark
Dall'album "Organisation” [1980]


Enola Gay, you should have stayed

at home yesterday

Oho words can't describe

the feeling and the way you lied

These games you play,

they're gonna end it all in tears someday

Oho Enola Gay, it shouldn't ever

have to end this way

It's 8.15,

and that's the time that it's always been

We got your message on the radio,

conditions normal and you're coming home

Enola Gay,

is mother proud of little boy today

Oho this kiss you give,

it's never ever gonna fade away

Enola Gay,

it shouldn't ever have to end this way

Oho Enola Gay,

it shouldn't fade in our dreams away

It's 8:15,

and that's the time that it's always been

We got your message on the radio,

conditions normal and you're coming home

Enola Gay,

is mother proud of little boy today

Oho this kiss you give,

it's never ever gonna fade away





ENOLA GAY (traduzione in italiano)


Enola Gay, saresti dovuta rimanere

a casa ieri,

Oh, le parole non possono dire

quel che si prova e le vostre bugie.

Quei giochi che fate

finiranno tutti in lacrime un giorno o l'altro,

Oh, Enola Gay,

non sarebbe dovuta finire in questo modo.

Sono le 8.15,

ed è l'ora che è sempre stata,

Abbiamo ricevuto il tuo messaggio alla radio,

condizioni normali e tu stai tornando a casa.

Enola Gay,

la mamma è orgogliosa del suo giovanotto oggi,

Oh, quel bacio che hai dato

non sbiadirà mai.

Enola Gay, non sarebbe

dovuta finire in questo modo.

Oho, Enola Gay

non dovrebbe sbiadire nei nostri sogni.

Sono le 8.15,

ed è l'ora che è sempre stata.

Abbiamo ricevuto il tuo messaggio alla radio,

condizioni normali e tu stai tornando a casa.

Enola Gay,

la mamma è orgogliosa del suo giovanotto oggi,

Oh, quel bacio che hai dato

non sbiadirà mai.

venerdì 15 luglio 2016

DEMOCRAZIE E CONFLITTI

Come costruire una democrazia rafforzata, capace di trasformare le differenze in risorse?




MODELLO DI DEMOCRAZIA PARLAMENTARE

1) DIRITTO DI PAROLA

2) DIRITTO DI CONTRADDITTORIO

3) DIRITTO DELLA MAGGIORANZA CUI LA MINORANZA SI ADEGUA


Può esistere una democrazia basata sull’ascolto che potenzia la democrazia parlamentare


MODELLO DI DEMOCRAZIA BASATO SULL’ASCOLTO DELLE MINORANZE

1) DIRITTO DI ESSERE ASCOLTATO

2) DIRITTO DI MOLTIPLICARE LE PROGETTUALITÀ

3) COOPROGETTUALITÀ CREATIVA (DIALOGO E ASCOLTO BASATI SULLA DISCUSSIONE E SULL’ESPLORAZIONE)


(Appunti tratti dalla relazione di Marianella Sclavi, Albino (Bg), Seminario: "Educare al conflitto", 16 settembre 2010)




giovedì 7 luglio 2016

Alternanza Scuola - Lavoro

Da quando, una decina di anni fa, ho avuto l'opportunità di sperimentare le opportunità offerte da un percorso formativo che prevede l'Alternanza Scuola - Lavoro, l'ho immediatamente apprezzato. 
Lo sostenni anche in un post pubblicato il 5 febbraio 2010 su un vecchio blog, post che ripropongo, per quanto risulti, per certi aspetti, un po' superato, ma che tuttavia evidenzia gli aspetti più positivi e rilevanti dell'Alternanza Scuola - Lavoro.

"Marco è addetto alla reception. Appena sono entrata nel grande albergo in cui sta effettuando la sua attività di alternanza scuola - lavoro, ho fatto quasi fatica a riconoscerlo, benché sia un mio alunno da tre anni.
Ordinato, preciso, attento, stava effettuando il check-out di un ospite in partenza. Quando mi ha visto, ha sorriso salutandomi velocemente e ha continuato ad occuparsi del suo cliente finché non ha concluso tutte le operazioni. Solo allora, poiché non c'era nessun altro, ha cominciato a conversare con me, dicendosi entusiasta di questa esperienza lavorativa (tre settimane) prevista all'interno dell'anno scolastico dal suo percorso di studi. E' l'occasione per mettere a frutto quanto ha finora imparato e per cominciare ad entrare nel mondo del lavoro, misurandosi quotidianamente con le problematiche o con le gratificazioni che esso comporta. Non ha mai avuto tempo di annoiarsi, sostiene, in questi dieci giorni, a differenza di quanto accade sui banchi di scuola.
A scuola, infatti, Marco è tutto fuorché ordinato, preciso, attento.
Mai in orario, senza materiale o con materiale sbagliato ("Ho dimenticato di rifare lo zaino e ho le materie di ieri" si giustifica) sopravvive grazie alla sua intelligenza e ai momenti in cui decide di dedicarsi all'ascolto degli argomenti trattati. Non ha mai amato lo studio ("Altrimenti non mi sarei iscritto a un professionale!" ammette) e non capisce perché mai debba essere costretto a stare fermo per sei ore in un banco che è anche troppo piccolo per lui.
Il tutor aziendale che lo affianca, che incontro poco dopo, lo elogia riconoscendone in particolare la meticolosità e la puntualità.
Torno a scuola soddisfatta. Trovo che il progetto alternanza scuola - lavoro, che il nostro Istituto sta portando avanti da qualche anno, sia valido proprio per questo: consente di scoprire e valorizzare le qualità, che non sempre sui banchi di scuola emergono, dei nostri studenti, evidenziando, ancora una volta, che solo la motivazione di chi apprende consente di raggiungere risultati positivi.

La Riforma varata prevede che l'alternanza scuola - lavoro faccia parte del percorso formativo degli istituti tecnici e professionali. E' una buona occasione, a mio avviso, per migliorare concretamente l'offerta formativa."

venerdì 1 luglio 2016

"preti e puttane"

"Le maestre sono come i preti e le puttane. Si innamorano alla svelta delle creature. Se poi le perdono non hanno tempo di piangere. Il mondo è una famiglia immensa.
C’è tante altre creature da servire.
È bello vedere di là dall’uscio della propria casa. Bisogna soltanto essere sicuri di non aver cacciato nessuno con le nostre mani." (Scuola di Barbiana: "Lettera a una professoressa", Libreria Editrice Fiorentina, Firenze, 1967, Pagg. 41 - 42)




giovedì 30 giugno 2016

Papaveri rossi


Papaveri rossi. Per denunciare chi sostiene che "in fondo se l'è cercata". Per denunciare chi afferma che "è stata una ragazzata". Per denunciare chi sostiene che "in fondo l'amava e non voleva perderla". Per esprimere tutto il mio disprezzo, la mia rabbia, la mia ribellione, il mio disgusto. Per affermare ci sono, che ho lottato e comunque ancora lotto per me, per tutte le donne e per tutti gli uomini che, liberi da pregiudizi e false credenze, credono ancora che possa esistere un mondo migliore.

lunedì 27 giugno 2016

Il senso degli Esami di Stato

Mi sono interrogata a lungo, in questi giorni, sul senso degli Esami di Stato. Tra momenti di panico dell'ultima ora evidenziati dagli studenti, vecchi rituali ormai desueti (il pacco con la candela e la ceralacca su tutti) che convivono con tecnologie più o meno avanzate (tracce d'esame che arrivano via web senza scomodare le forze dell'ordine), che piaccia o no, l'Esame di Stato rappresenta comunque per gli studenti che lo affrontano e tutti coloro che sono al loro fianco (docenti, familiari e amici) un momento significativo della loro esistenza. Forse il primo vero momento di prova, di iniziazione al mondo adulto. Ed è proprio questo il punto essenziale, a mio avviso. Molti degli studenti delle nuove generazioni arrivano ad affrontare questa prova assolutamente impreparati. Vissuti da sempre al riparo di ogni pericolo, cullati, coccolati, protetti, non sono stati abituati ad affrontare l'imprevisto, la novità, la prova, di qualunque tipo essa sia, da soli. Da sempre, al loro fianco. hanno avuto adulti che hanno steso tappeti di rose ai loro piedi perché essi, i pargoli, fossero protetti da ogni tipo di pericolo. Hanno affrontato il primo vero esame, nemmeno così selettivo, a 13 anni, alla fine della terza media. E già in quell'occasione molti di loro hanno vissuto con angoscia e panico l'idea di affrontare quella prova. E adesso, intorno ai 18, 19, a volte 20 anni, arriva la prova per eccellenza, il vecchio Esame di Maturità. C'è chi si è preparato con rigore e precisione, affrontando con serietà e costanza l'intero ciclo di studi. C'è chi per cinque anni (a volte qualcuno di più) ha vissuto allegramente, studiando quanto basta, o, a volte, molto meno, per superare l'anno scolastico. C'è chi ha cercato di studiare, sostenendo a fatica il peso dell'impegno, a volte con risultati poco entusiasmanti. Sono tutti qui, quelli che hanno superato la selezione dello scrutinio di ammissione. Alcuni non credono nemmeno nel miracolo di avercela fatta e così, per fede, continuano ad illudersi che pur non facendo nulla riusciranno ad ottenere l'agognato pezzo di carta, un 58 e due bei poderosi calci piazzati da parte della commissione che certificherà il loro 60/100 con buona pace di tutti. Ci sono coloro che, al contrario, e seppur a fatica, sperano di farcela così come hanno sempre fatto, tra incertezze e successi, affidandosi alla clemenza della corte, alla fortuna o anche ad uno studio matto e disperatissimo dell'ultim'ora. Ci saranno exploit inaspettati e cadute clamorose, rigorosamente legate alla capacità di dominare l'ansia, a prescindere dal grado di preparazione raggiunto. C'è chi, infine, come ha sempre fatto, continua a studiare con rigore, serietà e costanza, affidandosi alle competenze acquisite nel tempo e alla lucidità che consente di affrontare l'esame con qualche timore ma anche con consapevolezza del percorso svolto. Saranno costoro ad uscire vincitori dall'Esame di Stato: coloro che, azzerato l'intero percorso curricolare precedente, salvo i punti di credito acquisito nel triennio finale, saranno in grado di dimostrare, mediante le prove scritte ed orali dell'esame, che il punteggio accumulato corrispondeva effettivamente alla loro preparazione. E' forse questo il senso dell'Esame di Stato: dimostrare di essere diventati adulti poiché si è in grado di affrontare una prova con lucidità e rigore.

venerdì 24 giugno 2016

Sull'utilità dell'Esame di Stato

Tutto può essere considerato inutile o utile, a seconda del punto di vista e dell'importanza che si attribuisce a un evento. L'Esame di Stato costituisce per le giovani generazioni un momento di passaggio, una sorta di rito di iniziazione che conduce a una fase successiva. Un tempo esistevano gli esami di seconda e di quinta elementare, attualmente il primo esame scolastico che un giovanissimo affronta è l'esame di terza media e, successivamente, se si è in regola con il percorso scolastico, tre anni dopo, l'esame di qualifica per i corsi I.eF.P. (Istruzione e Formazione Professionale), cinque anni dopo l'Esame di Stato. Molti studenti arrivano all'esame impauriti e timorosi, ragazzi di 13 anni o, peggio ancora, di 18/19 anni, grandi e grossi, piangenti come agnellini portati al macello: temono di non essere in grado di reggere l'ansia e la tensione che quel significativo momento porterà inevitabilmente con sé, A mio avviso accade perché non sono stati abituati a gestire i momenti di ansia fin da bambini, come accadeva alle persone della mia generazione. Ricordo perfettamente il mio esame di seconda elementare, ma ricordo anche che, superatolo, gli altri esami che nel corso del tempo ho dovuto affrontare, non mi hanno mai preoccupato in maniera eccessiva. La vita si impara vivendo e gli adulti dovrebbero favorire le esperienze dei più giovani, fin da piccoli. Pensare di proteggerli all'infinito è un'assurdità che determinerà poi paure e incapacità di assumersi le proprie responsabilità nel corso degli anni.

giovedì 23 giugno 2016

Esame di Stato 2016 - Prima prova scritta

APPROFONDIMENTO: 
                         Umberto Saba                               

Mio padre è stato per me “l’assassino”

Mio padre è stato per me “l’assassino”
 fino ai vent’anni che l’ho conosciuto.
 Allora ho visto ch’egli era un bambino,
  e che il dono ch’io ho da lui l’ho avuto.

Aveva in volto il mio sguardo azzurrino,
 un sorriso, in miseria, dolce e astuto.
 Andò sempre pel mondo pellegrino;
 più d’una donna l’ha amato e pasciuto.

Egli era gaio e leggero; mia madre
 tutti sentiva della vita i pesi.
 Di mano ei gli sfuggì come un pallone.

“Non somigliare – ammoniva – a tuo padre.”
 Ed io più tardi in me stesso lo intesi:
 eran due razze in antica tenzone.

Il poeta triestino Umberto Saba (1883 – 1957) è una delle figure più originali del nostro Novecento. Il suo Canzoniere, ampliato nel corso delle sue varie edizioni (la prima risale al 1921, l’ultima, postuma, al 1961), contiene tutte le raccolte di liriche da lui composte. La lirica Mio padre è stato per me “l’assassino”  è tratto dalla raccolta Autobiografia, comprendente 15 sonetti che Saba scrisse ispirandosi alla propria vita e che costituiscono una sorta di poemetto scandito in 15 strofe.
Mio padre è stato per me “l’assassino” è il terzo sonetto, in cui il poeta rievoca i suoi genitori: il padre, dal carattere libero e incapace di sottostare ai legami familiari, che abbandonò la moglie prima che il figlio nascesse, e la madre, che dovette sostenere da sola l’educazione del bambino, piena di rancore per il marito che l’aveva lasciata e che chiamò sempre “l’assassino”. Un conflitto aggravato, agli occhi del poeta, dall’appartenenza a due religioni e culture diverse: ebraica la madre, cattolica il padre. Solo quando Saba, ormai adulto, conobbe il padre, ritrovò negli occhi e nel sorriso del detestato “assassino”  non solo l’uomo che lo aveva generato, ma anche una parte importante di sé, legata alla sua sensibilità umana e artistica.


domenica 12 giugno 2016

Oltre l'apparenza e il pregiudizio

Quotidianamente, a volte senza rendersene conto, accade di avere dell'altro, qualunque età abbia, a qualunque genere appartenga, un'idea fondata su un pregiudizio o che anche solo si limita a basarsi su un pregiudizio.
Gli stereotipi della "Bella uguale stupida" (che, negli ultimi decenni ha coinvolto anche gli uomini "Belli uguale stupidi"), o quello del milanese lavoratore indefesso e del romano fannullone nonché tutti gli altri giudizi stereotipati o che si limitano a fermarsi alle apparenze senza indagare oltre, caratterizzano buona parte delle credenze del genere umano.
Fermarsi all'apparenza o limitarsi ad accettare gli stereotipi e le categorie definite facilita la definizione di quanto e di chi ci sta intorno ma non ci aiuta a conoscere il mondo, non ci aiuta a conoscere gli altri e, forse, nemmeno noi stessi.
Andare oltre l'apparenza dovrebbe essere l'obiettivo di ciascuno di noi per conoscere ed apprezzare tutti coloro che ci stanno intorno, al di là delle false opinioni e certezze di cui, alcuni, continuano a nutrirsi.
La famiglia e soprattutto la scuola possono fare molto. 
E sarebbe un traguardo riuscire a far sì che, nel giro di pochi anni, non ci si trovi ancora di fronte a tabelle di raccolta di idee che degli uomini e delle donne riportino certe definizioni.


STEREOTIPI E PREGIUDIZI DI GENERE
IN UNA PAROLA


DEFINIZIONI DATE DA UOMINI 
DEFINIZIONI DATE DA DONNE
UOMINI
DONNE
UOMINI
DONNE
EGOISTI
RISOLUTE
STUPIDI
COMPLESSE
ONESTI
LUNATICHE
INCOMPRENSIBILI
PARANOICHE
NOBILTA’ D’ANIMO
BELLEZZA
EGOISTI (2)
SENSIBILI (4)
VERI AMICI
SENSUALE
IMMATURI
DETERMINATE (2)

domenica 29 maggio 2016

A proposito di streghe


Lentamente muore

"Lentamente muore chi diventa schiavo dell’abitudine, ripetendo ogni

giorno gli stessi percorsi,

chi non cambia la marcia,

chi non rischia e cambia colore dei vestiti,

chi non parla a chi non conosce.

Muore lentamente chi evita una passione,

chi preferisce il nero su bianco

e i puntini sulle “i” piuttosto che un insieme di emozioni,

proprio quelle che fanno brillare gli occhi, quelle che

fanno di uno sbadiglio un sorriso, quelle che fanno battere il cuore

davanti all’errore e ai sentimenti.

Lentamente muore chi non capovolge il tavolo,

chi è infelice sul lavoro,

chi non rischia la certezza per l’incertezza per inseguire un sogno,

chi non si permette almeno una volta nella vita di fuggire ai

consigli sensati.

Lentamente muore chi non viaggia,

chi non legge,

chi non ascolta musica, chi non trova grazia in se stesso.

Muore lentamente chi distrugge l’amor proprio, chi non si lascia

aiutare; chi passa i giorni a lamentarsi della propria sfortuna o

della pioggia incessante.

Lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo,

chi non fa domande sugli argomenti che non conosce, chi non

risponde quando gli chiedono qualcosa che conosce.

Evitiamo la morte a piccole dosi, ricordando sempre che essere

vivo richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto

di respirare.

Soltanto l’ardente pazienza porterà al raggiungimento di una

splendida felicità."


" [...] Lentamente muore chi non capovolge il tavolo [...]"
Ricordo che qualche anno fa alcuni dei miei alunni erano rimasti particolarmente colpiti da questo verso tratto da "Lentamente muore". Avevamo imbastito in proposito una lunga discussione.
L'intera poesia era piaciuta molto. Una poesia attribuita, sul loro manuale scolastico, a Pablo Neruda.
Quando, successivamente, ho comunicato agli studenti che il testo della poesia non è stato scritto da Pablo Neruda ma da Martha Medeiros, " E' comunque bella!" hanno commentato alcuni mentre altri hanno sottolineato che:
a) anche i libri di testo possono contenere degli errori;
b) tutte le conoscenze possono essere messe in discussione;
c) "Lentamente muore [...] chi preferisce il nero su bianco e i puntini sulle "i" / piuttosto che un insieme di emozioni [...]".
In queste situazioni gli studenti sono straordinari...

martedì 24 maggio 2016

Che fare?

"Che fare?" mi sento spesso chiedere da genitori alle prese con figli adolescenti indolenti, sgarbati, incontenibili, irritanti.

"Eppure" sostengono "fino a qualche tempo fa era tanto tranquillo...".

A me, sinceramente, verrebbe da rispondere che no, quel ragazzino, tranquillo, da che io lo conosco (e sono ormai molti anni), non lo è mai stato. Era indisponente, prepotente, egocentrico e, soprattutto, abituato a vedere appagata ogni sua richiesta non appena fosse formulata. Che cosa è cambiato, adesso? E' cambiato il valore, la qualità delle sue richieste.

Un adolescente ha esigenze diverse rispetto a quelle di un ragazzino di tre, cinque, sette anni. Dal suo punto di vista egli continua ad essere come è sempre stato.

Il genitore, invece, pensa che sia arrivato il momento di dire no. Ma ai "no" ci si deve abituare fin dalla più tenera età. Altrimenti si penserà, come alcuni adolescenti fanno, di subire un sopruso, di perdere un diritto acquisito. Chi di noi ha mai voluto rinunciare ad un diritto acquisito?

Ecco perché è importante che i genitori stabiliscano, da subito, regole precise e coerenti nell'educazione dei propri figli. Naturalmente tali regole dovranno essere adeguate all'età del bambino, ma non si può assolutamente pensare di far vivere come un selvaggio il proprio pargolo pensando poi di addomesticarlo quando diventerà più grande, stupendosi poi della difficoltà di farlo.

Vivere con un adolescente è indubbiamente difficile, ma lo è ancora di più quando ci si trova alle prese con un adolescente maleducato o ineducato. A cui è stato detto, magari in nome di un maggior presunto amore, troppe poche volte "NO!".



"Tu non mi vuoi bene!"

"Quante volte ve lo siete sentito dire dai vostri figli in tono accusatore?

E quante volte avete resistito alla tentazione di spiegar loro quanto li amavate?

Un giorno, quando i miei figli saranno abbastanza grandi da capire la logica che spinge una madre a comportarsi in un certo modo, glielo dirò.

Ti ho amato abbastanza da chiederti continuamente dove andavi, con chi e a che ora saresti tornato.

Ti ho amato abbastanza da insistere perché ti comprassi una bicicletta con i tuoi soldi, anche se noi potevamo permettercela e tu no.

Ti ho amato abbastanza da star zitta e lasciare che scoprissi da solo chi era l'amico che ti eri scelto.

Ti ho amato abbastanza da costringerti a restituire al proprietario del negozio la cioccolata già morsicata e confessare: <<L'ho rubata>>.

Ti ho amato abbastanza da restar lì come un gendarme per più di due ore a guardarti pulire la stanza, un lavoro che io avrei potuto fare in un quarto d'ora.

Ti ho amato abbastanza da dire: <<Sì, vai pure al luna park. Non importa se è il giorno della mamma>>.

Ti ho amato abbastanza da lasciare che vedessi la rabbia, la delusione, il disgusto e le lacrime nei miei occhi.

Ti ho amato abbastanza da non scusarmi mai con gli altri per le tue mancanze o cattive maniere.

Ti ho amato abbastanza da ammettere di aver avuto torto e chiederti scusa.

Ti ho amato abbastanza da ignorare quello che dicevano o facevano <<le altre madri>>.

Ti ho amato abbastanza da lasciare che inciampassi, cadessi, ti facessi male, sbagliassi.

Ti ho amato abbastanza da lasciare che ti prendessi le responsabilità delle tue azioni, a sei, come a dieci, o a sedici anni.

Ti ho amato abbastanza da sospettare che avevi mentito sulla presenza dei genitori del tuo amico a quella festa, e lasciar correre... dopo aver scoperto che non mi sbagliavo.

Ti ho amato abbastanza da metterti a terra, lasciarti andare la mano, non rispondere alle tue suppliche... perché imparassi a stare in piedi da solo.

Ti ho amato abbastanza da accettarti per quello che sei, non per quello che avrei voluto che fossi.

Ma soprattutto ti ho amato abbastanza da continuare a dire <<No>> anche sapendo che mi avresti odiato. E' stata questa la decisione più difficile."

(Il brano dal titolo "Tu non mi vuoi bene" è tratto da: Erma Bombeck: "Se la Vita è un piatto di Ciliege, perché a me solo i Noccioli?", Edizioni Club del Libro su licenza della Longanesi & C., Milano, 1981, Edizione Longanesi: 1980, pgg. 210 - 212)
(Già pubblicato su altra piattaforma l'8 febbraio 2010)

domenica 22 maggio 2016

Lacrime nerazzurre

Vivessi cent'anni, so già che sempre ricorderò la data del 22 Maggio. Il destino, il fato o chi per lui, ha deciso che fosse per me una data significativa. Mi ha riservato dolori e gioie il 22 Maggio. 
La gioia, inenarrabile, avvolgente, totale è stata quella che la pazza Inter mi ha regalato, in diretta da Madrid, la sera del 22 Maggio 2010. 
Due giorni dopo, il 24 Maggio, su "La panchina in cima al monte" pubblicai "Lacrime nerazzurre".

"Le lacrime del Capitano, quelle del Chucu, dello Special One, del Principe, di coloro che sugli spalti piangevano di gioia per un'emozione attesa per decenni, un sogno che sembrava dover rimanere tale ed invece diventava realtà in una splendida serata di maggio.
Le mie lacrime di gioia per questa squadra che ho imparato ad amare in età adulta, seguendo il fratello che, lui sì, l'aveva scelta fin da bambino. A me l'Inter era piaciuta perché soffriva, perché ci provava e non vinceva, perché inseguiva un sogno. Mi piaceva pensare che quel sogno si sarebbe realizzato e che la sofferenza, tanta, si sarebbe trasformata in una felicità intensa, indescrivibile, fortissima.
Una felicità maturata dopo anni di sfottò, di delusioni e sconfitte cocenti, di lacrime di amarezza, il derby perso 6 a 0, il 5 maggio 2002, l'esclusione dalla Champions a favore del Milan senza aver mai perso, i "Non vincete mai!", i cori come "Interista chiacchierone bravo sotto l'ombrellone ... [... ] e come l'anno scorso e come l'anno prima [...]", "Interista diventi pazzo!" e quant'altro.
Eppure ci credevo davvero, lo sentivo nel profondo del cuore che sarebbe capitato. Perché ero convinta anch'io, con Jim Morrison, che "A volte il vincitore è semplicemente un sognatore che non ha mai mollato".
Così, mentre continuo a piangere di gioia, penso che sia valsa la pena sopportare tanta sofferenza per provare, adesso, il dolce sapore del trionfo."

https://vimeo.com/11960846?ref=fb-share&1

sabato 21 maggio 2016

Complicazioni d'amore



"Forse passerà [...] una mattina, a salutare. Solo a salutare, niente di importante. Non servirebbe a niente comunque, perché lei lo sa benissimo, lo sa bene quanto lui che è l'amore, imperfetto e disordinato, a tenerli separati, proprio mentre in qualche modo li unisce [...]."

La citazione, tratta dal romanzo "Gente senza storia" di Judith Guest (Traduzione di Masolino d'Amico, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 1977, pg. 277), si riferisce alle difficoltà relazionali tra  una madre e un figlio coinvolti in una tragedia familiare, ovvero la morte del figlio primogenito, amatissimo dalla madre e modello di riferimento per il fratello. Evidenzia la necessità, in alcuni casi, di rimanere lontani, anche se ci si vuole bene, perché restando vicini si soffrirebbe troppo.

E' una situazione che può riguardare non solo le relazioni tra madri e figli, ma tutte le tipologie di relazione, comprese quelle amicali.

L'amore verso gli altri non è sempre lineare, chiaro, perfetto. 

A volte è complicato, doloroso, difficile. Al punto da richiedere una separazione, per evitare di continuare a farsi del male.

martedì 17 maggio 2016

A proposito di prove INVALSI...



Sinceramente (e qui so di attirare il disappunto di molti) io tutta questa avversione nei confronti dei test INVALSI non la capisco. Si tratta di normali prove che si trovano ormai su tutti i manuali scolastici, esercizi di comprensione ed analisi del testo con domande aperte e/o a risposta chiusa. E' una delle tipologie di prova che viene adottata per verificare il livello di apprendimento dello studente. E allora? Dov'è il problema? Non sarà che il vero problema costituito dalle prove INVALSI sia quello del docente che, a fronte di prove parallele che forniscono risultati negativi, si sente valutato e giudicato a sua volta, cosa che, evidentemente, non apprezza?

mercoledì 11 maggio 2016

A scuola si fa

A scuola si legge, si discute, si impara.
Basta avere la voglia di farlo.
"Ovunque è stabilito che è riprovevole essere coinvolti in una relazione omosessuale (letteralmente: 'Soddisfare gli amanti, charizesthai herastais') ciò è dovuto a difetto dei legislatori, al dispotismo da parte dei governanti, a viltà da parte dei governati" (Simposio, 182 d)", citazione dell'articolo di U. Galimberti dal titolo "Se l'amore è messo all'indice", pubblicato su "La Repubblica" del 30 ottobre 2004 e riportato nel manuale scolastico di P. Cataldi, E. Angioloni, S. Panichi "La letteratura e i saperi - Dal secondo Ottocento a oggi - Vol. 3", Palumbo Editore, 2012, a pagina 621.

domenica 8 maggio 2016

Le altre madri

E poi ci sono le altre madri.
Quelle di cui non si parla mai, men che meno nel giorno della Festa della Mamma.
Le madri che sono diventate tali loro malgrado, che mai avrebbero voluto esserlo e che vivono o hanno vissuto con disagio, fastidio e sofferenza il loro essere madri.
Quelle che hanno abbozzato, quelle che si sono ribellate, quelle che sono o sono state madri cattive o indifferenti o fredde o crudeli.
E' l'altra faccia della medaglia di una condizione dell'essere che è esaltata, forse in modo eccessivo. 
"Essere mamma non è un mestiere. Non è nemmeno un dovere. E' solo un diritto fra tanti diritti. Faticherai tanto a urlarlo. E spesso, quasi sempre, perderai." (Oriana Fallaci: "Lettera a un bambino mai nato", Rizzoli Editore, Milano, 1975, pagina 13).

venerdì 29 aprile 2016

"La legge morale dentro di me"

Nessun divieto, nessun controllo, anche tempestivo ed esteso, potrà mai aver effetto contro la corruzione e il malaffare finché, ciascuno, individualmente, non inizierà a maturare l'idea che comportarsi correttamente rispettando sé stesso e gli altri è comunque la scelta più saggia.
Finché ci saranno individui disposti a vendersi e a chiudere un occhio (per avidità, per interesse, per ambizione personale o per qualunque altro motivo) di fronte alle ingiustizie, esisteranno la corruzione, la truffa, il malaffare.
Se per ambizione si è propensi ad acquistare titoli di studio, a vincere gare, appalti o quant'altro immeritatamente, senza sentir propria la legge morale di cui parlava Kant, a nulla varranno proibizioni o punizioni. 
Il male occorre sconfiggerlo innanzi tutto dentro di noi.

sabato 23 aprile 2016

Traffico

Mi chiedo: ma gli assessori al traffico (o chi per loro) delle località italiane, quando dispongono in merito alla regolazione dei semafori o alla circolazione di veicoli o pedoni, con riferimento anche al tracciato delle piste ciclabili, si rendono conto che siamo in Italia e non in un Paese del Nord Europa?
Quotidianamente, per quel che mi riguarda, mi rispondo che no, non ne sono consapevoli.
Non si spiegherebbe altrimenti per quale motivo si ostinino a tracciare piste ciclabili in cui pedoni e ciclisti si ritrovano a condividere, con disagio, la stessa corsia e molti pedoni, attraversando le strisce pedonali regolate da un semaforo all'incrocio tra due strade, si ritrovino regolarmente a rischiare la vita dato che il segnale verde di attraversamento scatta contemporaneamente con quello degli automobilisti che, emuli dei piloti di Formula 1, partono in quarta dimentichi dei pedoni che potrebbero essere da loro investiti.

venerdì 15 aprile 2016

Il fascino del monitoraggio (ovvero: della valutazione del sistema scolastico)

Da sempre mi occupo di valutazione e autovalutazione nella scuola, pertanto non mi hanno turbato affatto le indicazioni della legge 107/2015 che introduce (finalmente, direi!) un processo di valutazione e autovalutazione del sistema scolastico.
Qualunque azione, comprese quelle educative, necessitano, a mio avviso, di una analisi e di una riflessione che ne valutino i risultati, al fine di migliorare continuamente l'azione stessa.
Di fronte alle perplessità di un certo numero di colleghi, non ho alcuna remora a mettermi in gioco personalmente: già da un po' di anni mi fa piacere che colleghi e dirigenti assistano alle lezioni che svolgo nelle classi e le loro considerazioni, così come quelle che chiedo solitamente agli studenti alla fine dell'anno scolastico, diventano per me occasione di revisione o potenziamento di alcune pratiche didattiche più o meno efficaci.
Proprio in questi giorni, nell'area riservata del sito della scuola in cui insegno attualmente, è possibile per i colleghi partecipare alla compilazione di un questionario finalizzato al monitoraggio dell'efficacia di un progetto da me realizzato. Le risposte finora ricevute mi consentono già di ripensare alla revisione o al potenziamento di alcuni aspetti del progetto stesso.
Trovo che ciò non possa che essere un vantaggio per me stessa e, soprattutto, per l'efficacia delle azioni finalizzate a rendere la scuola, la nostra scuola, sempre migliore.
Io ci credo, fermamente. Se non fosse così, non riuscirei a svolgere serenamente il mestiere d'insegnante.