giovedì 30 giugno 2016

Papaveri rossi


Papaveri rossi. Per denunciare chi sostiene che "in fondo se l'è cercata". Per denunciare chi afferma che "è stata una ragazzata". Per denunciare chi sostiene che "in fondo l'amava e non voleva perderla". Per esprimere tutto il mio disprezzo, la mia rabbia, la mia ribellione, il mio disgusto. Per affermare ci sono, che ho lottato e comunque ancora lotto per me, per tutte le donne e per tutti gli uomini che, liberi da pregiudizi e false credenze, credono ancora che possa esistere un mondo migliore.

lunedì 27 giugno 2016

Il senso degli Esami di Stato

Mi sono interrogata a lungo, in questi giorni, sul senso degli Esami di Stato. Tra momenti di panico dell'ultima ora evidenziati dagli studenti, vecchi rituali ormai desueti (il pacco con la candela e la ceralacca su tutti) che convivono con tecnologie più o meno avanzate (tracce d'esame che arrivano via web senza scomodare le forze dell'ordine), che piaccia o no, l'Esame di Stato rappresenta comunque per gli studenti che lo affrontano e tutti coloro che sono al loro fianco (docenti, familiari e amici) un momento significativo della loro esistenza. Forse il primo vero momento di prova, di iniziazione al mondo adulto. Ed è proprio questo il punto essenziale, a mio avviso. Molti degli studenti delle nuove generazioni arrivano ad affrontare questa prova assolutamente impreparati. Vissuti da sempre al riparo di ogni pericolo, cullati, coccolati, protetti, non sono stati abituati ad affrontare l'imprevisto, la novità, la prova, di qualunque tipo essa sia, da soli. Da sempre, al loro fianco. hanno avuto adulti che hanno steso tappeti di rose ai loro piedi perché essi, i pargoli, fossero protetti da ogni tipo di pericolo. Hanno affrontato il primo vero esame, nemmeno così selettivo, a 13 anni, alla fine della terza media. E già in quell'occasione molti di loro hanno vissuto con angoscia e panico l'idea di affrontare quella prova. E adesso, intorno ai 18, 19, a volte 20 anni, arriva la prova per eccellenza, il vecchio Esame di Maturità. C'è chi si è preparato con rigore e precisione, affrontando con serietà e costanza l'intero ciclo di studi. C'è chi per cinque anni (a volte qualcuno di più) ha vissuto allegramente, studiando quanto basta, o, a volte, molto meno, per superare l'anno scolastico. C'è chi ha cercato di studiare, sostenendo a fatica il peso dell'impegno, a volte con risultati poco entusiasmanti. Sono tutti qui, quelli che hanno superato la selezione dello scrutinio di ammissione. Alcuni non credono nemmeno nel miracolo di avercela fatta e così, per fede, continuano ad illudersi che pur non facendo nulla riusciranno ad ottenere l'agognato pezzo di carta, un 58 e due bei poderosi calci piazzati da parte della commissione che certificherà il loro 60/100 con buona pace di tutti. Ci sono coloro che, al contrario, e seppur a fatica, sperano di farcela così come hanno sempre fatto, tra incertezze e successi, affidandosi alla clemenza della corte, alla fortuna o anche ad uno studio matto e disperatissimo dell'ultim'ora. Ci saranno exploit inaspettati e cadute clamorose, rigorosamente legate alla capacità di dominare l'ansia, a prescindere dal grado di preparazione raggiunto. C'è chi, infine, come ha sempre fatto, continua a studiare con rigore, serietà e costanza, affidandosi alle competenze acquisite nel tempo e alla lucidità che consente di affrontare l'esame con qualche timore ma anche con consapevolezza del percorso svolto. Saranno costoro ad uscire vincitori dall'Esame di Stato: coloro che, azzerato l'intero percorso curricolare precedente, salvo i punti di credito acquisito nel triennio finale, saranno in grado di dimostrare, mediante le prove scritte ed orali dell'esame, che il punteggio accumulato corrispondeva effettivamente alla loro preparazione. E' forse questo il senso dell'Esame di Stato: dimostrare di essere diventati adulti poiché si è in grado di affrontare una prova con lucidità e rigore.

venerdì 24 giugno 2016

Sull'utilità dell'Esame di Stato

Tutto può essere considerato inutile o utile, a seconda del punto di vista e dell'importanza che si attribuisce a un evento. L'Esame di Stato costituisce per le giovani generazioni un momento di passaggio, una sorta di rito di iniziazione che conduce a una fase successiva. Un tempo esistevano gli esami di seconda e di quinta elementare, attualmente il primo esame scolastico che un giovanissimo affronta è l'esame di terza media e, successivamente, se si è in regola con il percorso scolastico, tre anni dopo, l'esame di qualifica per i corsi I.eF.P. (Istruzione e Formazione Professionale), cinque anni dopo l'Esame di Stato. Molti studenti arrivano all'esame impauriti e timorosi, ragazzi di 13 anni o, peggio ancora, di 18/19 anni, grandi e grossi, piangenti come agnellini portati al macello: temono di non essere in grado di reggere l'ansia e la tensione che quel significativo momento porterà inevitabilmente con sé, A mio avviso accade perché non sono stati abituati a gestire i momenti di ansia fin da bambini, come accadeva alle persone della mia generazione. Ricordo perfettamente il mio esame di seconda elementare, ma ricordo anche che, superatolo, gli altri esami che nel corso del tempo ho dovuto affrontare, non mi hanno mai preoccupato in maniera eccessiva. La vita si impara vivendo e gli adulti dovrebbero favorire le esperienze dei più giovani, fin da piccoli. Pensare di proteggerli all'infinito è un'assurdità che determinerà poi paure e incapacità di assumersi le proprie responsabilità nel corso degli anni.

giovedì 23 giugno 2016

Esame di Stato 2016 - Prima prova scritta

APPROFONDIMENTO: 
                         Umberto Saba                               

Mio padre è stato per me “l’assassino”

Mio padre è stato per me “l’assassino”
 fino ai vent’anni che l’ho conosciuto.
 Allora ho visto ch’egli era un bambino,
  e che il dono ch’io ho da lui l’ho avuto.

Aveva in volto il mio sguardo azzurrino,
 un sorriso, in miseria, dolce e astuto.
 Andò sempre pel mondo pellegrino;
 più d’una donna l’ha amato e pasciuto.

Egli era gaio e leggero; mia madre
 tutti sentiva della vita i pesi.
 Di mano ei gli sfuggì come un pallone.

“Non somigliare – ammoniva – a tuo padre.”
 Ed io più tardi in me stesso lo intesi:
 eran due razze in antica tenzone.

Il poeta triestino Umberto Saba (1883 – 1957) è una delle figure più originali del nostro Novecento. Il suo Canzoniere, ampliato nel corso delle sue varie edizioni (la prima risale al 1921, l’ultima, postuma, al 1961), contiene tutte le raccolte di liriche da lui composte. La lirica Mio padre è stato per me “l’assassino”  è tratto dalla raccolta Autobiografia, comprendente 15 sonetti che Saba scrisse ispirandosi alla propria vita e che costituiscono una sorta di poemetto scandito in 15 strofe.
Mio padre è stato per me “l’assassino” è il terzo sonetto, in cui il poeta rievoca i suoi genitori: il padre, dal carattere libero e incapace di sottostare ai legami familiari, che abbandonò la moglie prima che il figlio nascesse, e la madre, che dovette sostenere da sola l’educazione del bambino, piena di rancore per il marito che l’aveva lasciata e che chiamò sempre “l’assassino”. Un conflitto aggravato, agli occhi del poeta, dall’appartenenza a due religioni e culture diverse: ebraica la madre, cattolica il padre. Solo quando Saba, ormai adulto, conobbe il padre, ritrovò negli occhi e nel sorriso del detestato “assassino”  non solo l’uomo che lo aveva generato, ma anche una parte importante di sé, legata alla sua sensibilità umana e artistica.


domenica 12 giugno 2016

Oltre l'apparenza e il pregiudizio

Quotidianamente, a volte senza rendersene conto, accade di avere dell'altro, qualunque età abbia, a qualunque genere appartenga, un'idea fondata su un pregiudizio o che anche solo si limita a basarsi su un pregiudizio.
Gli stereotipi della "Bella uguale stupida" (che, negli ultimi decenni ha coinvolto anche gli uomini "Belli uguale stupidi"), o quello del milanese lavoratore indefesso e del romano fannullone nonché tutti gli altri giudizi stereotipati o che si limitano a fermarsi alle apparenze senza indagare oltre, caratterizzano buona parte delle credenze del genere umano.
Fermarsi all'apparenza o limitarsi ad accettare gli stereotipi e le categorie definite facilita la definizione di quanto e di chi ci sta intorno ma non ci aiuta a conoscere il mondo, non ci aiuta a conoscere gli altri e, forse, nemmeno noi stessi.
Andare oltre l'apparenza dovrebbe essere l'obiettivo di ciascuno di noi per conoscere ed apprezzare tutti coloro che ci stanno intorno, al di là delle false opinioni e certezze di cui, alcuni, continuano a nutrirsi.
La famiglia e soprattutto la scuola possono fare molto. 
E sarebbe un traguardo riuscire a far sì che, nel giro di pochi anni, non ci si trovi ancora di fronte a tabelle di raccolta di idee che degli uomini e delle donne riportino certe definizioni.


STEREOTIPI E PREGIUDIZI DI GENERE
IN UNA PAROLA


DEFINIZIONI DATE DA UOMINI 
DEFINIZIONI DATE DA DONNE
UOMINI
DONNE
UOMINI
DONNE
EGOISTI
RISOLUTE
STUPIDI
COMPLESSE
ONESTI
LUNATICHE
INCOMPRENSIBILI
PARANOICHE
NOBILTA’ D’ANIMO
BELLEZZA
EGOISTI (2)
SENSIBILI (4)
VERI AMICI
SENSUALE
IMMATURI
DETERMINATE (2)