venerdì 30 giugno 2017

Accoglienza e inclusione

Accogliere e includere significa creare le condizioni per cui coloro che vengono accolti possano vivere in condizioni dignitose: avere un lavoro, un alloggio dignitoso, godere dei naturali diritti civili, sentirsi parte di una comunità.
Questo significa accogliere e includere. Non lasciare vivere di espedienti, chiudendo in occhio o anche due di fronte a piccoli o grandi abusi e violazioni delle regole. 
Non permettere di vivere alla giornata, in condizioni igieniche inadeguate, in tuguri che non sono degni di essere chiamate abitazioni, sfruttando anche o arricchendosi ai danni di chi pensava di poter migliorare le proprie condizioni di vita.
Troppo comodo lavarsi la coscienza sostenendo di aver accolto. Se si accoglie qualcuno nella propria casa, non lo si lascia poi in un angolo vicino alla porta d'ingresso riservandogli magari le briciole del proprio cibo. Non è così che si fa.

giovedì 22 giugno 2017

#noncelapossofare

Li vedi in tenuta da spiaggia (compresi i commissari) e poi capisci che


son quelli dell'Esame di Stato.

venerdì 16 giugno 2017

Doveva essere una festa

"Quella per la finale doveva essere una festa, non immaginavamo di trovarci in mezzo alla bolgia. Io non avevo un'idea precisa di cosa avrei trovato in piazza ma non era quello che mi ero immaginato: era tutto disorganizzato, c'erano venditori abusivi, entrava chiunque senza controllo, c'erano bottiglie dappertutto... Siamo un Paese così, non abbiamo imparato nulla, bastava copiare quello che avevano fatto gli spagnoli con la proiezione dentro lo stadio. Invece qui è come se la sindaca avesse lasciato aperta la porta di casa sua senza rendersi conto che entravano trentamila persone. E quando il fattaccio ormai è accaduto dice "scusate, mi spiace, pensavo sarebbero venute solo due persone per un caffè". Ecco, "mi spiace" sono parole che non riusciamo a sentire". (cit. http://torino.repubblica.it/cronaca/2017/06/16/news/_siamo_stanchi_dei_mi_spiace_dovevano_pensarci_prima_e_adesso_erika_e_morta_-168232813/?ref=RHPPBT-BH-I0-C4-P2-S1.4-T2)
Le parole drammatiche di Fabio Martinoli, compagno di Erika Pioletti, la donna rimasta uccisa a seguito delle ferite riportate la sera del 3 giugno scorso, sono le stesse pronunciate da chi, quella sera, era in Piazza San Carlo, a Torino, e che mai avrebbe pensato di vivere in quella occasione una situazione tanto drammatica quanto assurda, soprattutto perché ai più è stato chiaro, prima ancora che scoppiasse il panico, che qualcosa, nell'organizzazione di quella serata, era mancato: i controlli di filtraggio per chi volesse accedere alla Piazza, riempita fino all'inverosimile; la vendita di alcolici che aveva reso ubriachi molti, prima ancora dell'inizio della partita; i cocci delle bottiglie di vetro che come un tappeto ricoprivano l'asfalto.
Di quella serata, nella mente di chi c'era, non resterà il ricordo di una partita che si sognava di vincere ma era stata malamente persa. Di quella serata resterà il ricordo di urla, spavento, vetri, sangue, corpi schiacciati, stretti quasi in una gabbia. Le scuse non bastano. Chi avrebbe dovuto garantire la sicurezza di chi pensava di partecipare a una festa, dovrà renderne conto. Amministrare significa assumersi delle responsabilità, farsene carico. Ammettere di aver sbagliato. E pagarne le conseguenze.