Bruno e Freccia a Radio Raptus
International – Quelli che non si lasciano stare
Bruno: E’ sabato notte e in questo
momento molti di voi avranno
di meglio da fare che stare ad
ascoltare noi alla radio…
Molti avranno anche di peggio da
fare… Molti se la stanno spassando di sicuro, ma sono
convinto che tanti di voi che, guarda caso, avranno diciotto - vent’anni sono
lì che non si lasciano stare neanche a quest’ora di sabato.
Io non so com’era avere diciotto -
vent’anni negli anni ’50 o ’60. So cosa vuol dire, per me e per tanti che
conosco, averli adesso. ‘Sto 1977 è un gran casino. C’è un gran movimento
in giro. Non so dire se è bello o
brutto… però… però… è…veloce.
Ci sono le bombe, c’è il movimento
studentesco, ci sono le radio libere, ci sono i genitori che sempre di più sono
come tu giuri che non sarai mai.
Ci sono le utopie, ci sono le
religioni… e ci sono, appunto, quelli che non si lasciano stare.
Freccia: … vuoi dire che tocca a me?
Bruno:
Secondo me sì.
Ci sono i buchi. E in mezzo a
tutto questo c’è il nostro bisogno di saperne di più. Stiamo viaggiando senza
cartina… o con una cartina illeggibile.
E secondo me è arrivato il momento
che questa cartina ce la facciamo noi… E una volta fatta la facciamo circolare.
Freccia: Si dicono un sacco di stronzate
sull’eroina.
Bruno:
Vero. Te ad esempio, come hai cominciato?
Freccia: Io mi sono lasciato cominciare… E’ stata una tipa a
farmi provare. A me non sarebbe mai venuto in mente di infilarmi un ago in
vena.
Bruno:
E perché hai lasciato che lei lo facesse?
Freccia:Probabilmente quella volta più
che chiedermi “perché” mi
sono
chiesto “perché no?”.
Bruno:
E com’è stato?
Freccia: Be’, quella volta lì bellissimo.
Mi è arrivata una gran botta
e sono sparite di colpo tutte le
stronzate. Un gran calore e poi… come tanti orgasmi che provavo tutt’insieme
lungo la schiena, sulle
gambe, dappertutto.
Bruno:
E poi?
Freccia: E poi ho fatto come fanno tutti,
cioè mi sono detto: mi
buco una volta o due ancora, tanto
smetto quando mi pare.
Bruno:
Ed è andata così?
Freccia: No, mi sa che non va mai così. Io,
almeno, dopo un paio
di
volte c’ero dentro.
Bruno:
Cioè?
Freccia: (un po’ secco) Cioè… cioè devi
rubare hai capito? Perché
non te la regala nessuno, capito? Comunque
dopo un po’ smette anche di darti
piacere. Però stai male
se non ti buchi, allora ti fai solo per essere normale. Comunque alla
fine diventa una cosa tra te e lei. Il resto non conta più un cazzo.
Bruno: Come sei riuscito a smettere?
Freccia:
Cagandomi addosso. Cagandomi
addosso, con lo
stomaco
che mi si spaccava e il cuore a mille. Gran botte
di
caldo e poi di freddo e una paura bestia di morire di
dolore.
Ho passato dieci giorni in un letto che continuavo a
sporcare
e che una persona continuava a pulire.
Se non
era per
lei sicuramente non ne venivo fuori.
Però
sai, non so se posso dire di avere proprio smesso.
Cioè,
sì! Da qualche mese non mi faccio più però forse è
meglio
se non ci penso troppo.
Bruno: E adesso pensi che valesse la pena chiedersi
quel
“perché
no?” la sera che hai fatto il primo buco?
Freccia: Questa è una domanda del cazzo.
Bruno: E allora su questa domanda del
cazzo chiudiamo “Ora
d’aria”.
Stanotte abbiamo parlato di buchi. O meglio dei
buchi
che si è fatto uno. Non sappiamo se è così per tutti
ma
adesso, forse, ne sappiamo un po’ di più. Buonanotte.
(Brani tratti da: “Antonio Leotti – Luciano Ligabue:
“Radiofreccia”, Fandango Libri, 1999, pgg. 117, 118, 121)