sabato 28 novembre 2015

Gli ingranaggi

Che tristezza per coloro che accettarono
di essere gli ingranaggi di una macchina
credendo che fosse la loro voce
i monotoni rumori della macchina

Che orrore quando vedo
mani senza testa muovere la macchina
con movimenti ritmici, gli stessi,
che una voce di altri comanda

Che inaudito schifo
osservare occhi e bocca
di chi per conto di altri parla e guarda
anche loro ingranaggi della macchina

Che odio infinito
per chi uccide con mani altrui
quando con carne costruisce ingranaggi
scavando una fossa per la vita

Che amore, culto, ammirazione
verso coloro che si battono sempre
perché scoprano voce gli ingranaggi
e nella vita trovino uno scopo

Alekos Panagulis, SFM. (Carcere Militare di Boiati) Isolamento. Luglio 1971 (In : Gian Paolo Serino: "USA & GETTA  Fallaci - Panagulis    Storia di un amore al tritolo", Aliberti editore, Reggio Emilia, 2006, pgg. 79, 80).

venerdì 27 novembre 2015

Scuola di valutazione e valutazione a scuola

Probabilmente sarò in controtendenza rispetto a molti colleghi. A me, tuttavia, la Riforma della scuola, le prove Invalsi e le varie proposte di cambiamento che stanno interessando il mondo della scuola non dispiacciono affatto. Da sempre ritengo che i test Invalsi possano dare indicazioni per valutare l'efficacia dell'azione di insegnamento/apprendimento.
Si badi bene: non devono essere considerate l'unico strumento ma uno degli strumenti, anche abbastanza oggettivo, di cui ci si avvale.
Ugualmente, sono dell'idea che l'attività del docente debba essere valutata. Le modalità di tale valutazione possono essere diverse ma devono esserci. In tutti i sistemi organizzativi esiste una valutazione ed è su quella che, a mio avviso, ci si deve basare anche per stabilire i diversi criteri di carriera e retribuzione.
Sinceramente sono stanca di fronteggiare proposte sindacali che mirano a difendere l'indifendibile e a puntare sulla quantità piuttosto che sulla qualità; sono stanca, per esempio, di dover assistere a lezioni (o presunte tali) di colleghi che passano il tempo a leggersi il giornale in classe mentre gli studenti vengono abbandonati a guardare un film su cui poi non devono produrre nulla: nessuna discussione, nessuna riflessione né scritta né orale (e non entrerò nemmeno in merito sulla qualità delle proposte cinematografiche). 
La professionalità docente è sicuramente difficile da valutare ma che non lo si possa fare è una leggenda diffusa probabilmente da coloro che non hanno alcuna intenzione di essere valutati, almeno formalmente, visto che ciascuno di noi docenti viene quotidianamente valutato e rispettato (o meno) per ciò che fa.

mercoledì 25 novembre 2015

Passione politica

Furono la mia insegnante di Lettere del ginnasio e, successivamente, la mia insegnante di filosofia del liceo a farmi appassionare alla politica.
"L'uomo è un animale politico, come diceva Aristotele, ed ogni nostra scelta è una scelta politica, anche se non ce ne rendiamo conto." , così mi è stato insegnato.
E, in effetti, quelli erano anni di grande impegno politico in cui erano coinvolte soprattutto le giovani generazioni. Erano gli anni de "Il personale è politico", in cui diventava necessario per ciascuno di noi mostrare impegno ed interesse attento verso le grandi questioni, nazionali ed internazionali. Guai a non interessarsene, si veniva tacciati di qualunquismo, nella migliore delle ipotesi, o di fascismo.
Questo era ciò che accadeva nel mio liceo e nella cittadina del sud d'Italia in cui vivevo. Ammettere di apprezzare un disco di Battisti o di Baglioni, di leggere una rivista femminile o, peggio ancora, di seguire il calcio poteva diventare occasione di disprezzo da parte degli "impegnati" di sinistra.

Inizialmente abbracciai con entusiasmo e passione l'impegno politico. Frequentavo le sezioni di partito e i collettivi femministi e scoprivo un mondo diverso da quello in cui avevo creduto di vivere fino a quel momento. Certo, c'era qualcosa che non mi convinceva e non mi piaceva. I picchetti e il servizio d'ordine per le manifestazioni e gli scioperi, ad esempio. Le spedizioni punitive contro "i fasci che hanno picchiato i compagni". La censura preventiva verso gli interventi di coloro che la pensavano diversamente durante le assemblee d'istituto al grido "I fascisti non devono parlare!".
Non mi stava bene e cominciai a dirlo. Venni tacciata di essere fascista anch'io. All'epoca (erano gli anni Settanta) era un grave insulto. Non mi importava. Non era quello ciò che mi avevano insegnato essere la politica, l'arte di partecipare alla vita pubblica. Non mi interessavano le etichette. Mi interessavano le idee. Seguace dei principi dell'Illuminismo, facevo mio l'aforisma di Voltaire: "Non sono d'accordo con te, ma darei la vita per consentirti di esprimere le tue idee".

Esprimevo così la mia passione politica. Ancora oggi la esprimo così. Ascoltando gli altri, documentandomi, disprezzando i toni aggressivi di chi attacca preventivamente l'avversario schernendolo ed insultandolo. Ciò che mi interessa è capire: capire le ragioni degli uni e degli altri, al di là degli schieramenti e delle posizioni preconcette.
(Revisione di post già pubblicato) 

Donne e martiri

Ricordo di aver partecipato, più di una volta, da bambina, quando frequentavo la mia parrocchia, alla messa in scena di questa canzoncina che, sebbene avesse un motivetto vivace, raccontava del martirio di s. Caterina, che si festeggia oggi, 25 Novembre, un martirio corrispondente a un femminicidio.
La violenza contro le donne, al di là del credo religioso, rimane ancora oggi una piaga dura da combattere, in Italia e nel resto del mondo e parlarne, benché apra, a volte, ferite non rimarginate, è un dovere quotidiano di noi tutti.
""Alzati, o Caterina -
pirulin pirulin pirulin zum zum -
alzati, o Caterina -
pirulin... -
se no ti ucciderò..." (3 v.)
"Uccidimi, mio padre, -
pirulin pirulin pirulin zum zum -
uccidimi, mio padre, -
pirulin... -
ma io non m'alzerò..." (3 v.)
Al colmo del furore -
pirulin pirulin pirulin zum zum -
al colmo del furore -
pirulin... -
suo padre la colpì... (3 v.)
E gli angeli del cielo -
pirulin pirulin pirulin zum zum -
e gli angeli del cielo -
pirulin... -
cantaron:"Gloria!"... (3 v.)"
 

domenica 15 novembre 2015

Ignoranza, razzismo, fanatismo

Oggi il mio pensiero va a N. e a tutti i miei studenti ed ex studenti di religione musulmana che ho avuto la fortuna di conoscere e con cui, spesso, ho avuto l'opportunità di discutere e riflettere su quanto la scuola e l'istruzione possano fare per costruire un mondo migliore, un mondo di pace.
A N., alcuni anni fa, dedicai su "Sala Docenti" questo post.


"E' turbata. E ne ha ben donde. Le hanno appena detto che il velo che indossa crea qualche problema per l'inserimento in azienda previsto durante il periodo di stage.

"E' un paese di ignoranti e razzisti, questo!" si sfoga. E poi subito aggiunge: "Non tutti, profe, non tutti!" mentre i suoi compagni le esprimono contemporaneamente solidarietà ed indignazione.

Ne parliamo in classe. A scuola, nella nostra scuola, non esistono distinzioni. E a lei, dice, non era mai capitato di sentirsi così umiliata, così fuori posto.

Le dico che a scuola sono banditi il razzismo e l'ignoranza che lo genera, ma in giro, purtroppo, esistono ancora, non da parte di tutti, come lei ha correttamente sottolineato, atteggiamenti di razzismo, più o meno acclamati, che non sono altro che il frutto del pregiudizio e della non conoscenza. L'ignoranza, appunto."
 

venerdì 13 novembre 2015

Imparare a pazientare

Nella scuola occorre pazienza. I precari della mia generazione hanno aspettato 10 anni prima di avere la possibilità di abilitarsi; personalmente sono entrata in ruolo dopo 17 anni di precariato e conosco persone che, pur avendo superato i concorsi abilitanti, sono entrati in ruolo dopo 20 - 25 anni. Molti dei colleghi che in questi giorni hanno ricevuto la lettera di Renzi hanno alle spalle tra i 12 e i 20 anni di precariato. E' un male che i governi precedenti hanno creato ...e che indubbiamente deve essere risolto ma confesso che personalmente mal tollero chi, con solo un paio d'anni di precariato alle spalle, si dichiara già stanco di esserlo. Detesto le forme contrattuali precarie che negli ultimi 20 anni sono state le uniche, o quasi, ad essere applicate, ma non condivido nemmeno i piagnistei di chi pretende tutto e subito, in nome di un presunto immediato diritto di ingresso nel mondo della scuola che solo negli ultimi anni ha cominciato a fare un po' (ma nemmeno molta!) selezione in ingresso. (Riflessione ad alta voce)

Lettere ai docenti

"[...] Il Suo lavoro è persino più importante del mio. Lei si occupa di educazione e non c'è priorità più grande per l'Italia dei prossimi anni. Lei lavorerà nella scuola più tempo di quanto io starò al Governo. Lei ha la possibilità di tutti i giorni di valorizzare i sogni e le passioni dei nostri ragazzi che sono il bene più prezioso che abbiamo. La prego, dal profondo del cuore: non ceda mai al vittimismo, alla rassegnazione, alla stanchezza. Sia sempre capace di affascinare i suoi studenti, di spronarli a dare il meglio, di invitarli a non cedere al cinismo e alla meschinità.
Lei ha studiato, ha sicuramente un'ottima preparazione, conosce bene la materia che insegna. E noi siamo orgogliosi della scuola italiana che con tutti i suoi limiti ha punti di forza straordinari. Abbiamo bisogno che indipendentemente dalle differenze religiose, politiche, culturali, civili, economiche la scuola dia ai nostri ragazzi l'opportunità di credere nei loro mezzi. Di valorizzare i propri talenti. La scuola è la più grande opportunità per dare a tutti – nessuno escluso – la possibilità di trovare la propria strada per la felicità. Lei ha una responsabilità meravigliosa e difficilissima, non si stanchi mai di crederci, anche quando Le sembrerà difficilissimo. L'Italia di domani sarà come la faranno i professori di oggi.
Noi faremo di tutto per aiutare questo lavoro, cercando di fare sempre di più per la scuola di questo affascinante e struggente Paese.
Il mio saluto più cordiale, congratulazioni e buon lavoro.
Matteo Renzi"
E' questa la parte finale dell'e-mail che i colleghi, contattati per una proposta di assunzione come docenti della scuola pubblica, hanno ricevuto in questi giorni.
Alcuni me l'hanno mostrata commossi, altri non l'hanno nemmeno letta fino in fondo, ritenendola l'ennesima occasione da parte del Presidente del Consiglio per creare consenso.
Non entro nel merito della questione.
So solo che se questa lettera fosse arrivata a me, nel momento in cui, dieci anni fa, sono stata assunta a tempo indeterminato dopo diciassette anni di precariato, sarei stata felice e ne sarei stata orgogliosa.

mercoledì 11 novembre 2015

Educazione ai sentimenti

Si può educare ai sentimenti? E lo si può fare a scuola? Io penso di sì. E ne sono così convinta al punto che spesso dedico un modulo delle mie lezioni all'amore. Del resto, la storia della letteratura e dell'arte non possono prescindere dall'amore. Al di là dei testi classici, soprattutto nelle prime classi, utilizzo spesso, prima o insieme ai testi letterari classici (ad esempio, il canto V dell'Inferno e l'amore passionale e travolgente di Paolo e Francesca; l'amore contrastato e drammatico di "Romeo e Giulietta" nella omonima tragedia di Shakespeare, ecc.) film più o meno recenti (e più o meno accattivanti) dedicati all'argomento.

Mi è capitato così di utilizzare i tre film dal titolo, in Italia, "Il tempo delle mele". Sia chiaro: solo il primo e il secondo film sono tra loro legati e raccontano le vicende di Vic, adolescente alle prese con le prime infatuazioni e i primi innamoramenti.

Il terzo film, come vari dizionari specializzati sottolineano, non ha nulla a che vedere con i primi due a parte l'attrice protagonista, Sophie Marceau.

Ai miei alunni adolescenti sono piaciuti il primo e, soprattutto, il secondo film. Non hanno molto apprezzato invece il terzo film.

Ad essere sinceri, "Il tempo delle mele 3" non è, usando un eufemismo, un capolavoro.

Contiene però, a mio avviso, un'interessante sequenza, la penultima del film, in cui la protagonista, Valentine, sostenendo l'esame finale di abilitazione all'insegnamento, presenta una relazione in cui, analizzando "Il Misantropo" di Moliere, utilizza le sue vicende private per imbastire una lezione sull'opera.

"Per me" dice Valentine, "nelle incoerenze dell’amore trattate da Moliere, amare ciò che non conviene è la molla più sovente utilizzata, perché contiene un impatto drammatico eterno e pone la dolorosa questione della difficoltà di amare.

Amare ciò che non conviene, sorgente di errori e di conflitti, spinge i personaggi alla scelta cruciale dell’amore: la scelta tra l’amore tout court e l’amore di sé. [...]

Moliere solleva ante litteram uno dei problemi fondamentali delle coppie moderne: l’indipendenza della donna.

Ciascuno dei due eroi muove ed anima il suo universo, li confrontano ad armi uguali e questi universi sono irriducibili l’un l’altro.

E questa passione irragionevole che Alceste (il protagonista de "Il Misantropo, n.d.r.) combatte, questa passione è a volte profondamente toccante.

Quando per esempio Alceste, il puro, l’intransigente, il nemico fanatico della menzogna, supplica Celimene (la donna di cui Alceste è innamorato, n.d.r.) di mentirgli.

Atto quarto, scena terza: “Sforzatevi di apparire fedele ed io mi sforzerò di credervi tale”.

Nel quinto atto egli spera ancora di cambiarla ma è una chimera, non si può cambiare un essere e non si ha il diritto di esigere questo cambiamento.

Attraverso delle scuse imbarazzate, nel linguaggio prezioso del XVII secolo, ciò che Celimene vuol far comprendere ad Alceste, ciò che lei vuole dirgli è: “Se mi ami, accetta me come sono perché io non cambierò. Tu accetta me come sono ed io accetterò te come sei”.

Alceste è intransigente, egoista, possessivo. Celimene è leggera, irresponsabile, infedele. Ma se accettassero i loro difetti, se riuscissero a sorridere delle loro differenze sarebbe la vittoria dell’amore sull’amor proprio. Solo che questi sacrifici non sono degni che di un grande amore.

E come si riconosce un grande amore?

Il giorno in cui ci si accorge che l’unico essere al mondo che può consolarvi è quello che vi ha fatto del male, allora si sa che si è una coppia.

“Il Misantropo”: commedia o tragedia?

Monsieur (il fratello del re Luigi XIV, n.d.r.) diceva uscendo da una rappresentazione: “Quando si smette di ridere, bisognerebbe piangere!” ed è vero: assistere al fallimento di un grande amore è terribilmente triste, immaginare i due eroi ricacciati nel deserto della loro solitudine è una desolazione.

Io credo sia questo il messaggio di Moliere giunto a noi attraverso il tempo.

E’ a voi, se permettete, che questo discorso è diretto: c’è qualcuno tra voi che ama abbastanza l’essere che dice di amare da preferire la sua felicità alla propria? Da lasciarlo vivere al suo ritmo, piangere delle sue delusioni, ridere delle sue gioie?

E terminerei con queste parole di Alfred De Musset:

“Tutti gli uomini sono bugiardi, incostanti, falsi, chiacchieroni, ipocriti, orgogliosi e vili, vigliacchi e sensuali. Tutte le donne sono perfide, vanitose, artificiose, curiose, depravate. Ma se c’è al mondo una cosa santa e sublime è l’unione di questi due esseri così imperfetti e vuoti.”

“Non Si Scherza Con L’Amore”, scena seconda, atto quinto."

https://www.youtube.com/watch?v=8Lk5gIiN07M

(1:15:00 e seguenti)



martedì 10 novembre 2015

"Troppo intelligente per la scuola"

Utilizzai questa espressione una ventina d'anni fa quando, per la prima volta, mi trovai alle prese con uno studente che non poteva che essere definito così: troppo intelligente per la scuola. Si annoiava profondamente e ogni giorno era sempre più difficile riuscire a tenere viva la sua attenzione. Arrivava alle conclusioni sempre prima degli altri, saltando passaggi che certi esercizi comunque richiedevano e che invece a lui non interessavano e a cui non aveva alcuna intenzione di prestare attenzione. Nel corso degli anni mi sono altre volte trovata a confrontarmi con studenti così, studenti a cui un vecchio modo di fare scuola tarpava le ali su cui la loro intelligenza volava. Del resto, quanti genitori si sono spesso sentiti dire dai docenti che il figlio "è capace ma non si applica"? L'istituzione scolastica, a partire dalla rivoluzione industriale, è da sempre stata pensata come luogo di trasmissione del sapere funzionale ad un sistema di conoscenze proprio della classe dominante. In una tale ottica, non c'è spazio per la creatività individuale e lo studente riconosciuto come migliore sarà necessariamente colui che meglio si adatterà a un sistema di conoscenze prestabilito. Altro che sviluppo delle capacità critiche: l'unico senso critico riconosciuto sarà quello già incondizionatamente accettato. Può succedere così che lo studente troppo intelligente che rifiuta di adattarsi a un sistema di pensiero, si ritrovi bocciato a scuola. Ma questo non significa che sarà bocciato nella vita. In fondo, non è un pezzo di carta a certificare quello che ciascuno di noi realmente sa fare o sa essere.

Le risposte della poesia


Alla mia nazione (XV)


Non popolo arabo, non popolo balcanico, non popolo antico
ma nazione vivente, ma nazione europea:
e cosa sei? Terra di infanti, affamati, corrotti,
governanti impiegati di agrari, prefetti codini,
avvocatucci unti di brillantina e i piedi sporchi,
funzionari liberali carogne come gli zii bigotti,
una caserma, un seminario, una spiaggia libera, un casino!
Milioni di piccoli borghesi come milioni di porci
pascolano sospingendosi sotto gli illesi palazzotti,
tra case coloniali scrostate ormai come chiese.
Proprio perché tu sei esistita, ora non esisti,
proprio perché fosti cosciente, sei incosciente.
E solo perché sei cattolica, non puoi pensare
che il tuo male è tutto male: colpa di ogni male.
Sprofonda in questo tuo bel mare, libera il mondo.


[Pier Paolo Pasolini: “La religione del mio tempo”, “Nuovi epigrammi” (1958-59)]

Didattica e tecnologia

Ci si è posti il problema di adeguare gli attuali regolamenti allo sviluppo sempre più veloce delle tecnologie il cui uso a scuola potrebbe favorire il processo di insegnamento - apprendimento?
Mi riferisco, in particolare, alla Circolare Ministeriale (vedi link in basso) relativa all'uso del telefono cellulare in classe.
"Laddove se ne ravvisi l’'opportunità, il regolamento di istituto potrà prevedere le misure organizzative più idonee atte a prevenire, durante le attività didattiche, il verificarsi del fenomeno di un utilizzo scorretto del telefonino." (Circolare Ministeriale del 15 Marzo 2007).
Nel testo si parla di uso improprio del cellulare, teso ad interrompere il regolare svolgimento delle lezioni sia da parte dei docenti che da parte degli studenti. Ma laddove il cellulare diventasse strumento di lavoro (come il tablet, del resto), non credo si possa parlare di violazione del Regolamento. Sarebbe però opportuno che il MIUR, onde evitare equivoci di sorta, aggiorni il Regolamento in proposito, anche perché piuttosto datato  e superato dalle recenti indicazioni operative legate alle nuove strategie didattiche. 

lunedì 9 novembre 2015

I doveri dei genitori

"I doveri dei genitori sono di vario genere e comprendono tutti gli aspetti della vita del ragazzo e dell'uomo futuro. Dal latte materno al vitto, al vestire, all'esempio, ecc.. E fra l'altro, naturalmente, dare modo ai figli di guadagnarsi la vita. E siccome non si sa come andranno le cose e a cosa si vada incontro così occorre che queste possibilità siano più ampie e vaste possibili.
Quando a un ragazzo di 100 anni fa si insegnava a fare per esempio il fabbro, poi lavorava. Un babbo poteva morire sicuro di avergli lasciato qualcosa. Oggi con un mestiere in mano e basta non si vive più.
Bisogna anche saper vivere in tante altre circostanze: c'è da riempire fogli, consultare orari, telefonare e consultare l'elenco telefonico, far domande scritte e chiedere un anticipo o sollecitare un pagamento, c'è da prendere treni ecc. ecc.
Quando avete buttato nel mondo d'oggi un ragazzo senza istruzione avete buttato in cielo un passerotto senza ali.
Non si vola oggi con la terza e nemmeno con la quinta elementare.
Non ne hanno voglia? Fateli studiare per forza. Voi non li mandereste al lavoro senza il fagottino del mangiare e volete mandarli nella vita senza il fagottino del sapere?
C'è dei figlioli carogne che non vogliono mangiare e voi li forzate. Altrettanto fate per lo studio."
(Traccia di un discorso tenuto da don Lorenzo Milani ai genitori della parrocchia di San Donato a Calenzano il 22 agosto 1954 riportata in " Don Lorenzo Milani: "La parola fa eguali - il segreto della Scuola di Barbiana", a cura di Michele Gesualdi, fondazione Don Lorenzo Milani, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze, 2005, pg.13)

Un mestiere speciale

Quello dell'insegnante è un mestiere speciale che richiede interesse e passione per essere esercitato nel modo migliore. Ma la passione e l'interesse, a volte, vengono meno.
Così tutto appare faticoso, squallido e, soprattutto, inutile. Non è necessariamente colpa degli studenti: ci sono momenti in cui, al di là delle situazioni contingenti, si ha voglia di spendersi per quegli stessi studenti che, invece, in altre fasi della vita professionale, irritano profondamente il docente e rendono spiacevole il suo stare a scuola. 
A me è successo, per la prima volta, una decina d'anni fa, quando per un certo periodo mi è capitato di sognare   tutte le notti di essere rimasta chiusa dentro la scuola. Ed è successo nuovamente un paio di anni fa. In entrambi i casi ho pensato di lasciare questo mestiere, di dedicarmi ad altro, a qualunque altra professione che non fosse quella dell'insegnante.
Poi, quando quel periodo terribile è passato, mi è stato chiaro che ero io, per motivi diversi, ad avere bisogno di un momento di distacco, un anno sabbatico che, a mio avviso, dovrebbe essere regolarmente previsto per chi fa questo mestiere. Che, non smetterò mai di dirlo, è il mestiere più bello del mondo e non baratterei con nessun altro. Richiede però entusiasmo, passione, coinvolgimento emotivo, amore. Emblematico è, a questo proposito, quanto accade al protagonista del film "Auguri professore" interpretato da Silvio Orlando e diretto da Riccardo Milani. Ecco, quando si è perso, seppur momentaneamente, il gusto per l'insegnamento, a noi docenti dovrebbe essere consentito un momento di distacco dalle classi per dedicarci a viaggi, letture, convegni, corsi di formazione che diano nuova linfa e motivazioni per affrontare anche i casi degli alunni più irritanti, quelli che, tuttavia, qualora vengano da noi conquistati, rimarranno nel nostro cuore per sempre.