Ci
si mobilitò molto durante quel mio primo anno di scuola superiore. Le occasioni
non mancavano mai ma ciò che portò all'occupazione della scuola furono il
rigido regolamento d'Istituto (che, tra l'altro, vietava di portare a scuola
qualunque altro materiale che non fosse strettamente scolastico "Quindi,
anche il "Corriere della Sera" o "La Stampa"" come
sosteneva il leader moderato, così veniva definito a causa della sua
appartenenza alla federazione giovanile del PCI) e le precarie condizioni
dell'Aula Magna che non consentivano di contenere più di cinque classi dell'Istituto
ed impedivano, di fatto, lo svolgimento dell'assemblea plenaria di tutti gli
studenti dell'Istituto.
L'occupazione
passò soprattutto grazie ai voti favorevoli di noi studenti di quarta ginnasio.
Inutile dirlo: subivamo il fascino dei leader, "moderati" o
dell'estrema sinistra che fossero.
Leader
carismatici. Autoritari. Quasi stalinisti. Approvata l'occupazione, concessero
appena un quarto d'ora per decidere se volessimo rimanere a scuola o se
volessimo "democraticamente" uscire dall'Istituto "okkupato".
Per
uscire, io, Laura e un'altra nostra compagna di classe scavalcammo la finestra
del pianterreno (il primo giorno) e ci facemmo venire a prendere dal padre
della nostra compagna, un poliziotto che naturalmente si presentò in divisa.
"L'ha chiamata il preside?" chiesero i capi. "No, devo prendere
mia figlia e le sue amiche." rispose lui. Peggio andò ad un mio compagno
di classe che si era portato anche il sacco a pelo e che venne prelevato dal
suo genitore che lo afferrò letteralmente per le orecchie.
Durante
l'occupazione, chi era a scuola non poteva pensare di stare a bighellonare
(almeno di giorno, di notte non so, visto che non ebbi l'occasione di
rimanervi).
Tutti
dovevano seguire almeno un seminario. C'erano quelli che trattavano di
filosofia politica ed erano di fatto disertati e quelli che affrontavano lo
studio e l'analisi dei decreti delegati, la nuova proposta di regolamento da
dare al nostro Istituto e varie problematiche sociali come la condizione
femminile e l'autodeterminazione delle donne. Seguii quest'ultimo e scoprii una
realtà che fino a quel momento ignoravo: la piaga degli aborti clandestini.
In
uno dei due pomeriggi i leader organizzarono un concerto: ho ancora il ricordo
delle note e delle parole delle canzoni degli Inti Illimani e di "in fila
per tre" di Bennato e "La locomotiva" di Guccini e
"Pablo" di De Gregori.
Al
terzo giorno l'occupazione finì. Armati di secchi e stracci ripulimmo tutto
sotto gli occhi vigili di bidelli, docenti e preside.
Inutile
dire che la promessa dell'assessore comunale competente di "costruire una
scuola sicura ed adeguata" rimase tale e solo cinque anni dopo essermi
diplomata venni a sapere che finalmente, era appena stata inaugurata la nuova
sede dell'Istituto.
Di
quegli anni conservo vivo questo ricordo e una consapevolezza: i nostri leader,
di fatto, sostituivano i docenti quando organizzavano qualunque iniziativa che
riguardasse strettamente l'attivismo degli studenti. Erano rigidi ed
autoritari, proprio come i docenti che dicevano di contestare. Non so se
qualche insegnante, magari più "democratico" indirizzasse le loro
scelte.
Di
sicuro, durante le assemblee degli studenti, i docenti non erano ammessi. Per
nessuna ragione. Nemmeno i più "democratici".
(Post già pubblicato sul blog "Sala docenti" - Per motivi di privacy alcuni dati sono stati cambiati ma sostanzialmente la vicenda narrata è realmente accaduta)
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