venerdì 25 dicembre 2015

Mobilitazione (seconda parte)

Ci si mobilitò molto durante quel mio primo anno di scuola superiore. Le occasioni non mancavano mai ma ciò che portò all'occupazione della scuola furono il rigido regolamento d'Istituto (che, tra l'altro, vietava di portare a scuola qualunque altro materiale che non fosse strettamente scolastico "Quindi, anche il "Corriere della Sera" o "La Stampa"" come sosteneva il leader moderato, così veniva definito a causa della sua appartenenza alla federazione giovanile del PCI) e le precarie condizioni dell'Aula Magna che non consentivano di contenere più di cinque classi dell'Istituto ed impedivano, di fatto, lo svolgimento dell'assemblea plenaria di tutti gli studenti dell'Istituto.
L'occupazione passò soprattutto grazie ai voti favorevoli di noi studenti di quarta ginnasio. Inutile dirlo: subivamo il fascino dei leader, "moderati" o dell'estrema sinistra che fossero.
Leader carismatici. Autoritari. Quasi stalinisti. Approvata l'occupazione, concessero appena un quarto d'ora per decidere se volessimo rimanere a scuola o se volessimo "democraticamente" uscire dall'Istituto "okkupato".
Per uscire, io, Laura e un'altra nostra compagna di classe scavalcammo la finestra del pianterreno (il primo giorno) e ci facemmo venire a prendere dal padre della nostra compagna, un poliziotto che naturalmente si presentò in divisa. "L'ha chiamata il preside?" chiesero i capi. "No, devo prendere mia figlia e le sue amiche." rispose lui. Peggio andò ad un mio compagno di classe che si era portato anche il sacco a pelo e che venne prelevato dal suo genitore che lo afferrò letteralmente per le orecchie.
Durante l'occupazione, chi era a scuola non poteva pensare di stare a bighellonare (almeno di giorno, di notte non so, visto che non ebbi l'occasione di rimanervi).
Tutti dovevano seguire almeno un seminario. C'erano quelli che trattavano di filosofia politica ed erano di fatto disertati e quelli che affrontavano lo studio e l'analisi dei decreti delegati, la nuova proposta di regolamento da dare al nostro Istituto e varie problematiche sociali come la condizione femminile e l'autodeterminazione delle donne. Seguii quest'ultimo e scoprii una realtà che fino a quel momento ignoravo: la piaga degli aborti clandestini.
In uno dei due pomeriggi i leader organizzarono un concerto: ho ancora il ricordo delle note e delle parole delle canzoni degli Inti Illimani e di "in fila per tre" di Bennato e "La locomotiva" di Guccini e "Pablo" di De Gregori.
Al terzo giorno l'occupazione finì. Armati di secchi e stracci ripulimmo tutto sotto gli occhi vigili di bidelli, docenti e preside.
Inutile dire che la promessa dell'assessore comunale competente di "costruire una scuola sicura ed adeguata" rimase tale e solo cinque anni dopo essermi diplomata venni a sapere che finalmente, era appena stata inaugurata la nuova sede dell'Istituto.
Di quegli anni conservo vivo questo ricordo e una consapevolezza: i nostri leader, di fatto, sostituivano i docenti quando organizzavano qualunque iniziativa che riguardasse strettamente l'attivismo degli studenti. Erano rigidi ed autoritari, proprio come i docenti che dicevano di contestare. Non so se qualche insegnante, magari più "democratico" indirizzasse le loro scelte.

Di sicuro, durante le assemblee degli studenti, i docenti non erano ammessi. Per nessuna ragione. Nemmeno i più "democratici".

(Post già pubblicato sul blog "Sala docenti" - Per motivi di privacy alcuni dati sono stati cambiati ma sostanzialmente la vicenda narrata è realmente accaduta)

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