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domenica 24 aprile 2022

Amori difficili

 

"Forse passerà [...] una mattina, a salutare. Solo a salutare, niente di importante. Non servirebbe a niente comunque, perché lei lo sa benissimo, lo sa bene quanto lui che è l'amore, imperfetto e disordinato, a tenerli separati, proprio mentre in qualche modo li unisce [...]."

La citazione, tratta dal romanzo "Gente senza storia" di Judith Guest (Traduzione di Masolino d'Amico, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 1977, pg. 277; da questo romanzo è stato tratto il film di Robert Redford  "Gente comune" del 1980), si riferisce alle difficoltà relazionali tra una madre e un figlio coinvolti in una tragedia familiare, ovvero la morte del figlio primogenito, amatissimo dalla madre e modello di riferimento per il fratello. Evidenzia la necessità, in alcuni casi, di rimanere lontani, anche se ci si vuole bene, perché restando vicini si soffrirebbe troppo.


E' una situazione che può riguardare non solo le relazioni tra madri e figli, ma tutte le tipologie di relazione, comprese quelle amicali.

L'amore verso gli altri non è sempre lineare, chiaro, perfetto.

A volte è complicato, doloroso, difficile. Al punto da richiedere una separazione, per evitare di continuare a farsi del male.

sabato 26 gennaio 2019

"Essere felici - Il cinema insegna"

“Io penso che la felicità è quando ti vai a prendere quello che c’è di grande nella vita, anche se devi superare tantissimi ostacoli e difficoltà. Quindi la felicità è una cosa che se proprio la vuoi te la devi andare a prendere. A questa cosa ci penso molto spesso, perché io delle volte mi sento solo e disperato, ma altre volte sento proprio di essere felice.
E non ho detto allegro, contento, sereno, ho proprio detto felice!
Di solito però gli altri, le persone normali, vogliono che stai in difesa, che fai catenaccio, è come se non ci credono che ci sono le cose grandi da andarsi a prendere in attacco. In difesa uno soffre meno, ma non so se può davvero essere felice.
[…] Una cosa molto importante per essere felici sono le persone speciali, una persona speciale è quella che ti fa capire che in attacco ci sono le cose grandi e che stare in difesa è un peccato. Oppure sei tu che gli fai capire che in attacco ci sono le cose grandi e allora sei molto felice di farglielo capire.

Io ci provo ad essere felice, costi quello che costi. Certo, mica si può essere felici di tutto, però forse basta esserlo di qualcosa, che poi quel qualcosa illumina tutto il resto… e siamo salvi.” (Tratto dalla sceneggiatura del film “Banana” di  Andrea Jublin. Italia, 2015)


sabato 7 luglio 2018

"Chiamami col tuo nome"

"<<Non parleremo mai più, io e te>> dissi, mentre scendevamo l'interminabile pendio, il vento tra i capelli.
<<Non dire così.>>
<<Lo so già. Ci limiteremo a chiacchierare. Chiacchierare, chiacchierare. Stop. E sai qual è la cosa più buffa? Che me lo farò bastare.>>
<<Ti è appena uscita una rima>> rimarcò.
Adoravo il modo in cui perdeva la pazienza con me." 
(André Aciman: "Chiamami col tuo nome", Guanda, Milano, 2008, Tredicesima edizione febbraio 2018, pagina 96)

lunedì 22 maggio 2017

Bullismo e violazione del diritto di esistere

<<Il bullismo è terribile, ed è uno. Prende di mira persone a cui appiccica etichette diverse, ma parte da un unico terribile principio: la negazione del diritto all'esistenza di tutto quello che non viene considerato "normale", secondo parametri molto spesso non decisi dai ragazzi stessi, ma ritenuti indiscutibili, diffusi nella società, avvalorati dai discorsi degli adulti, dalle loro parole, sostenuti dalle rappresentazioni e dalle stigmatizzazioni che anche dal punto di vista politico si fanno di tutto ciò che è ritenuto - per vari motivi - differente dalla norma.>> (Ivan Cotroneo - Febbraio 2016 - "Un bacio - dal racconto al film" in Ivan Cotroneo: "Un bacio", Bompiani, 2016, pgg. 97 - 98)

venerdì 12 maggio 2017

Gente comune

"Forse passerà [...] una mattina, a salutare. Solo a salutare, niente di importante. Non servirebbe a niente comunque, perché lei lo sa benissimo, lo sa bene quanto lui che è l'amore, imperfetto e disordinato, a tenerli separati, proprio mentre in qualche modo li unisce [...]."
La citazione, tratta dal romanzo "Gente senza storia" di Judith Guest (Traduzione di Masolino d'Amico, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 1977, pg. 277), si riferisce alle difficoltà relazionali tra  una madre e un figlio coinvolti in una tragedia familiare, ovvero la morte del figlio primogenito, amatissimo dalla madre e modello di riferimento per il fratello. Evidenzia la necessità, in alcuni casi, di rimanere lontani, anche se ci si vuole bene, perché restando vicini si soffrirebbe troppo.
E' una situazione che può riguardare non solo le relazioni tra madri e figli, ma tutte le tipologie di relazione, comprese quelle amicali.
L'amore verso gli altri non è sempre lineare, chiaro, perfetto. 

A volte è complicato, doloroso, difficile. Al punto da richiedere una separazione, per evitare di continuare a farsi del male.

martedì 9 maggio 2017

Anniversari

Ci sono giorni tutti uguali.
Ci sono giorni che segnano la storia di un Paese e restano per sempre nella memoria collettiva.
Non fu un giorno come tutti gli altri, quel 9 maggio del 1978.
Fu il giorno dell'epilogo della vicenda iniziata 55 giorni prima, il 16 marzo, con l'uccisione degli uomini della scorta e il rapimento, rivendicati dalle Brigate Rosse, di Aldo Moro.
Il cui corpo venne ritrovato in Via Caetani, a Roma, proprio il 9 maggio del 1978.

Nella mattina di quello stesso giorno, il 9 maggio 1978, a Cinisi, in provincia di Palermo, venne ritrovato il corpo (dilaniato da una carica di tritolo sui binari della ferrovia Palermo-Trapani) di Giuseppe Impastato, detto Peppino, la cui vicenda è stata rievocata nel film "I cento passi", di Marco Tullio Giordana (2000).
"Scena 96 - Radio Aut [interno giorno]

Salvo: "[...] Peppino non c'è più, Peppino è morto, si è suicidato. [...] Questo leggerete sui giornali, questo vedrete alla televisione... Anzi non vedrete proprio niente... [...] perché questa mattina giornali e televisione parleranno di un fatto molto più importante... del ritrovamento a Roma dell'onorevole Aldo Moro, ammazzato come un cane dalle Brigate rosse. E questa è una notizia che fa impallidire tutto il resto, per cui: chi se ne frega del piccolo siciliano di provincia! Chi se ne fotte di questo Peppino Impastato! Adesso spegnetela questa radio, giratevi dall'altra parte. Tanto si sa come va a finire, si sa che niente può cambiare.[...] E tu Peppino non sei stato altro che un povero illuso, tu sei stato un ingenuo [...]" (Marco Tullio Giordana, Claudio Fava, Monica Zapelli: "I cento passi", Universale Economica Feltrinelli, Milano, 2001, pgg. 145, 146).




venerdì 8 aprile 2016

Quelli che non si lasciano stare

Bruno e Freccia a Radio Raptus International – Quelli che non si lasciano stare 

Bruno: E’ sabato notte e in questo momento molti di voi avranno
            di meglio da fare che stare ad ascoltare noi alla radio…
            Molti avranno anche di peggio da fare… Molti se la stanno             spassando di sicuro, ma sono convinto che tanti di voi che, guarda caso, avranno diciotto - vent’anni sono lì che non si lasciano stare neanche a quest’ora di sabato.
             Io non so com’era avere diciotto - vent’anni negli anni ’50 o ’60. So cosa vuol dire, per me e per tanti che conosco, averli adesso. ‘Sto 1977 è un gran casino. C’è un gran movimento in  giro. Non so dire se è bello o brutto… però… però… è…veloce.
            Ci sono le bombe, c’è il movimento studentesco, ci sono le radio libere, ci sono i genitori che sempre di più sono come tu giuri che non sarai mai.
            Ci sono le utopie, ci sono le religioni… e ci sono, appunto, quelli che non si lasciano stare.
Freccia: … vuoi dire che tocca a me?
Bruno:  Secondo me sì.
             Ci sono i buchi. E in mezzo a tutto questo c’è il nostro bisogno di saperne di più. Stiamo viaggiando senza cartina… o con una cartina illeggibile.
             E secondo me è arrivato il momento che questa cartina ce la facciamo noi… E una volta fatta la facciamo circolare.
Freccia: Si dicono un sacco di stronzate sull’eroina.
Bruno:  Vero. Te ad esempio, come hai cominciato?
Freccia: Io mi sono lasciato cominciare… E’ stata una tipa a farmi provare. A me non sarebbe mai venuto in mente di infilarmi un ago in vena.
Bruno:  E perché hai lasciato che lei lo facesse?
Freccia:Probabilmente quella volta più che chiedermi “perché” mi
             sono chiesto “perché no?”.
Bruno:  E com’è stato?
Freccia: Be’, quella volta lì bellissimo. Mi è arrivata una gran botta
              e sono sparite di colpo tutte le stronzate. Un gran calore e poi… come tanti orgasmi che provavo tutt’insieme lungo la              schiena, sulle gambe, dappertutto.
Bruno:  E poi?
Freccia: E poi ho fatto come fanno tutti, cioè mi sono detto: mi
             buco una volta o due ancora, tanto smetto quando mi pare.
Bruno:  Ed è andata così?
Freccia: No, mi sa che non va mai così. Io, almeno, dopo un paio
             di volte c’ero dentro.
Bruno:   Cioè?
Freccia: (un po’ secco) Cioè… cioè devi rubare hai capito? Perché
              non te la regala nessuno, capito?                Comunque
              dopo un po’ smette anche di darti piacere. Però stai male
              se non ti buchi, allora  ti fai solo per essere normale. Comunque alla fine diventa una cosa tra te e lei. Il resto non conta più un cazzo.
Bruno:    Come sei riuscito a smettere?
Freccia:  Cagandomi addosso.    Cagandomi addosso, con lo
              stomaco che mi si spaccava e il cuore a mille. Gran botte
              di caldo e poi di freddo e una paura bestia di morire di  
             dolore. Ho passato dieci giorni in un letto che continuavo a
             sporcare e che una persona continuava a   pulire. Se non
             era per lei sicuramente non ne venivo fuori.
             Però sai, non so se posso dire di avere proprio smesso.
             Cioè, sì! Da qualche mese non mi faccio più però forse è
             meglio se non ci penso troppo.
Bruno:  E adesso pensi che valesse la pena chiedersi quel
            “perché no?” la sera che hai fatto il primo buco?
Freccia: Questa è una domanda del cazzo.
Bruno: E allora su questa domanda del cazzo chiudiamo “Ora
            d’aria”. Stanotte abbiamo parlato di buchi. O meglio dei
            buchi che si è fatto uno. Non sappiamo se è così per tutti
            ma adesso, forse, ne sappiamo un po’ di più. Buonanotte.


 (Brani tratti da: “Antonio Leotti – Luciano Ligabue: “Radiofreccia”, Fandango Libri, 1999, pgg. 117, 118, 121)



sabato 16 gennaio 2016

Credere

CREDO: IL MONOLOGO DI FRECCIA
(TRATTO DAL FILM “RADIOFRECCIA” DI LUCIANO LIGABUE – 1999)


“Oggi ho avuto una discussione con un amico. Lui è uno di quelli bravi. Bravi a credere a quello in cui gli dicono di credere. Lui dice che se uno non crede in certe cose non crede in niente. Be’, non è vero. Anch’io credo. Credo nelle rovesciate di Bonimba, e nei riff di Keith Richards. Credo al doppio suono di campanello del padrone di casa, che vuole l'affitto ogni primo del mese… Credo che ognuno di noi si meriterebbe un padre e una madre che siano decenti con lui almeno finché non si sta in piedi. Credo che un'Inter come quella di Corso, Mazzola e Suarez non ci sarà mai più, ma non è detto che non ce ne saranno altre belle in maniera diversa.

Credo che non sia tutto qua, però prima di credere in qualcos'altro bisogna fare i conti con quello che c'è qua.
E allora mi sa che crederò prima o poi in qualche Dio. Credo che, se mai avrò una famiglia, sarà dura tirare avanti con trecento mila al mese, però credo anche che se non leccherò culi come fa il mio caporeparto,  difficilmente cambieranno le cose.

Credo che c'ho un buco grosso dentro, ma credo che il rock and roll, qualche amichetta, il calcio, qualche soddisfazione sul lavoro, le stronzate con gli amici… ogni tanto questo buco me lo riempiono. Credo che la voglia di scappare da un paese con ventimila abitanti vuol dire che hai voglia di scappare da te stesso… e credo che da te stesso non ci scappi nemmeno se sei Eddie Merckx. Credo che non è giusto giudicare la vita degli altri, perché comunque non puoi sapere proprio un cazzo della vita degli altri.


Credo che per credere, certi momenti, ti serva molta energia.”


(Antonio Leotti - Luciano Ligabue: “Radiofreccia – La sceneggiatura, le foto, e altro ancora”, Fandango Libri, Roma, 1999, pgg. 57-58)




Luciano Ligabue                          (Tratto da Radiofreccia –  colonna sonora originale - 1998)


 HO PERSO LE PAROLE

HO PERSO LE PAROLE                                             
EPPURE CE LE AVEVO QUA UN ATTIMO FA                    
DOVEVO DIRE COSE                                          
COSE CHE SAI                                                    
CHE TI DOVEVO                                                   
CHE TI DOVREI
HO PERSO LE PAROLE
PUÒ DARSI CHE ABBIA PERSO SOLO LE MIE BUGIE
SI SON NASCOSTE BENE
FORSE PERÒ
SEMPLICEMENTE
NON ERAN MIE

CREDI
CREDICI UN PO’
METTI INSIEME UN CUORE E PROVA A SENTIRE E DOPO
CREDI
CREDICI UN PO’ DI PIÙ DI PIÙ
DAVVERO
SEI BELLA CHE FAI MALE
SEI BELLA CHE SI BALLA SOLO COME VUOI TU
NON SERVONO PAROLE
SO CHE LO SAI
LE MIE PAROLE NON SERVON PIÙ
MA HO PERSO LE PAROLE
E VORREI CHE TI BASTASSE SOLO QUELLO CHE HO
IO MI FARÒ CAPIRE
ANCHE DA TE
SE ASCOLTI BENE SE ASCOLTI UN PO’

CREDI
CREDICI UN PO’ SEI SU RADIOFRECCIA GUARDATI IN FACCIA E DOPO
CREDI
CREDICI UN PO’ DI PIÙ DI PIÙ
DAVVERO
HO PERSO LE PAROLE
OPPURE SONO LORO CHE PERDONO ME
IO SO CHE DOVREI DIRE
COSE CHE SAI
CHE TI DOVEVO, CHE TI DOVREI
MA HO PERSO LE PAROLE
CHE BELLO SE BASTASSE SOLO QUELLO CHE HO
MI POSSO FAR CAPIRE ANCHE DA TE SE ASCOLTI BENE SE ASCOLTI UN PO’

CREDI CREDICI UN PO’ METTI INSIEME UN CUORE E PROVA A SENTIRE E DOPO

CREDI CREDICI UN PO’ DI PIÙ DI PIÙ
DI PIÙ DAVVERO

CREDI CREDICI UN PO’ SEI SU RADIO FRECCIA GUARDATI IN FACCIA E DOPO CREDI


 https://www.youtube.com/watch?v=pLXBoRkPM7E