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domenica 24 novembre 2019

C'è ancora tanto da fare

La cultura alla quale apparteniamo - come ogni altra cultura - si serve di tutti i mezzi a sua disposizione per ottenere dagli individui dei due sessi il comportamento più adeguato ai valori che le preme conservare e trasmettere: fra questi anche il 'mito' della "naturale" superiorità maschile contrapposta alla "naturale" inferiorità femminile. In realtà non esistono qualità "maschili" e qualità "femminili", ma solo "qualità umane". L'operazione da compiere dunque "non è di formare le bambine a immagine e somiglianza dei maschi, ma di restituire a ogni individuo che nasce la possibilità di svilupparsi nel modo che gli è più congeniale, indipendentemente dal sesso cui appartiene". (Elena Gianini Belotti: «Dalla parte delle bambine» - Feltrinelli – 1973)



"[...] Abbiamo bisogno di forti voci e di salde immagini femminili
che confliggano con la tradizione patriarcale che forgia e intrappola donne e uomini in stereotipi che soffocano le relazioni, gli affetti, i sentimenti e le emozioni. Non abbiamo bisogno di passare alle giovani generazioni l'immaginario standard di donne fragili e uomini duri, o al massimo buoni perché protettivi (protettori?). Fragili lo siamo tutte e tutti, è la natura umana. Insieme, fragili e forti, volta per volta, alla ricerca di un equilibrio difficile, nel quale sono presenti momenti di incertezza, ma mai, mai e in nessun caso, dove la violenza sia prevista, tollerata, giustificata." (Monica Lanfranco: "Crescere uomini, Erickson, Trento, 2019, Pag. 34)

venerdì 11 ottobre 2019

Libertà


“La vostra libertà è di scegliere entro i limiti delle poche possibilità che vi danno, cioè di ballare un twist o un madison, ma non di ballare o pensare; non di ballare o regnare e essere padroni del vostro voto, del vostro pensiero; non di ballare oppure vincere discussioni; non di ballare o convincere le persone con cui parlate.
Purtroppo la mia previsione è che sarete pecore, che vi piegherete completamente alle usanze, che vi vestirete come vuole la moda, che passerete il tempo come vuole la moda. Ma mi dite che soddisfazione ci trovate ad accettare una situazione simile? Ribellatevi! Ne avete l'età. Studiate, pensate, chiedete consiglio a me, inventate qualcosa per sortire da questa situazione in cui siete e poter arrivare al punto di fare realmente, con una libera scelta vostra, le cose che vi par giusto fare. Per me sarebbe una umiliazione tremenda se uno mi domandasse: <<Cosa stai facendo? Perché lo stai facendo?>> e dovessi restare a bocca aperta senza rispondere. E educo i miei ragazzi così, a saper dire in qualunque momento della loro vita, cosa fanno e perché lo fanno.”
(Citazione tratta da: Don Lorenzo Milani: "Una lezione alla scuola di Barbiana", a cura di Michele Gesualdi, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze, 2004, pagg. 30 - 31; Lezione ad un gruppo di ragazze della scuola media di Borgo S. Lorenzo salite a Barbiana nel Carnevale 1965)

mercoledì 25 luglio 2018

Ripartire dall'essenziale

"Mi domando: [...] (i miei figli) sapranno che fare quando si troveranno al buio? Capiranno da dove può arrivare la luce della salvezza, da quale parte guardare? Ecco quello che dovremmo chiederci, noi genitori: se il nostro tempo sta lasciando loro qualcosa, se stiamo trasmettendo un patrimonio morale. Per riconquistare i nostri figli è da qui che dobbiamo ripartire: dall'essenziale." (Antonio Polito: "Riprendiamoci i nostri figli - La solitudine dei padri e la generazione senza eredità", Marsilio - Nodi, Venezia, 2017, Pagina 173)

martedì 24 luglio 2018

"Tutta colpa dei genitori"

Pubblicato da Mondadori nell'ottobre 2010, "Tutta colpa dei genitori" è il terzo libro scritto dall'ottima collega Antonella Landi, conosciuta nel periodo in cui insegnò nella bergamasca.
E' possibile ascoltare la presentazione del testo, sempre attualissimo, cliccando il link indicato. Particolarmente interessante la lettura dei brani dedicati allo studente insolente (pagine 130 - 132 del testo).




domenica 22 luglio 2018

L'ultimo baluardo


Sempre più spesso, psicologi e pedagogisti invitano la scuola a resistere come ultimo baluardo contro una società sempre più sfaccettata che si nutre di false illusioni, di arroganza, di ignoranza, di certezze assolute mirate a raccogliere il consenso di chi, sempre meno, è abituato a pensare.
E la scuola degli insegnanti che nella scuola credono davvero cerca di resistere, nonostante tutto, incoraggiando gli studenti a discutere, a pensare, ad ascoltare, a non dar mai nulla per scontato, a non credere a tutto ciò che viene detto prima di averlo analizzato, confrontato, approfondito.
Tocca alla scuola il compito di resistere, nonostante tutto, anche valorizzando attraverso una didattica delle emozioni, l'attività in classe.
Contro l'analfabetismo emotivo, Ulisse Mariani e Rosanna Schiralli con il format Didattica delle emozioni propongono per la scuola una serie di obiettivi:
una scuola che, prima di insegnare, educhi
- prima di informare, formi
  - che, prima di integrare, interagisca
 - che, prima di diventare tecnologica, si apra alla modernità 
 - che, prima di accogliere e rispettare, si faccia rispettare
 - che, prima di cadere nella trappola del buonismo, sappia mettere regole, limiti e confini       
 - che, prima di trasformarsi in un contenitore sterile, sia luogo di studio, impegno e passioni 
 - che, prima di essere derubata di ogni risorsa, sia spazio sacro e da proteggere
 - che, prima di invitarli a ripetere la lezione, aiuti i giovani a narrarsi
 - che, ancora prima delle lettere e dei numeri, recuperi codici di linguaggio emozionale.

Soltanto così, unendo il passato al futuro, la scuola può dare senso e avere senso.

(Citazioni tratte dal testo di Ulisse Mariani e Rosanna Schiralli: Intelligenza emotiva a scuola - Percorso formativo per l'intervento con gli alunni, Erickson, Trento, 2012, pagine 129 - 130)


Contro l’analfabetismo emotivo:
la che, prima di insegnare, educhi

 prima di informare, formi

che, prima di integrare, interagisca


che, prima di diventare tecnologica, si apra alla modernità



sabato 7 luglio 2018

"Chiamami col tuo nome"

"<<Non parleremo mai più, io e te>> dissi, mentre scendevamo l'interminabile pendio, il vento tra i capelli.
<<Non dire così.>>
<<Lo so già. Ci limiteremo a chiacchierare. Chiacchierare, chiacchierare. Stop. E sai qual è la cosa più buffa? Che me lo farò bastare.>>
<<Ti è appena uscita una rima>> rimarcò.
Adoravo il modo in cui perdeva la pazienza con me." 
(André Aciman: "Chiamami col tuo nome", Guanda, Milano, 2008, Tredicesima edizione febbraio 2018, pagina 96)

Il cuore non basta

"Figli si nasce, genitori no." recitava uno slogan di una trentina di anni fa. L'esperienza genitoriale, da sempre sfidante, è diventata parecchio complessa soprattutto negli ultimi decenni. Non bastano l'intuito e l'amore di una madre e di un padre per evitare di commettere errori gravissimi nel crescere i propri figli. Gli studi specifici hanno dimostrato e dimostrano con sempre più precisione quanto possano influire ed essere deleteri i comportamenti dei genitori sullo sviluppo di ciascun figlio. La cui educazione, di fatto, inizia già nel momento del concepimento. L'idea che i genitori si fanno della creatura che sta per nascere comincerà già ad influire su ciò che quella creatura diventerà. 
Forse sarebbe il caso che i futuri genitori e i genitori stessi seguissero corsi specifici di aggiornamento per imparare ad essere genitori. Genitori si diventa e si impara ad esserlo studiando, leggendo testi specifici. Perché tutto l'amore del mondo e l'intuito di una madre e di un padre non bastano più.



lunedì 2 luglio 2018

L’ENIGMA CHE SIAMO


"<< Ho passato trent’anni a scavare nelle coscienze, nel grande mistero dell’uomo, >> mi confida un neuropsichiatra << ma le zone buie sono ancora molto più vaste di quelle che mi pare d’avere rischiarato.  Un giorno viene da me un uomo con il braccio destro paralizzato. Era una paralisi isterica, non provocata da un trauma, da un incidente, ma da un’alterazione di nervi. L’avevano già curato alcuni miei colleghi, senza risultato. Decido di trattarlo con l’ipnosi. Tanto per spiegarmi con te, che di medicina non sai niente, ti dirò che volevo convincerlo, sotto il trattamento d’ipnosi, a rendersi conto che il braccio non era malato e che, per recuperarlo, sarebbe bastato trasmettergli l’ordine di muoversi. Così è stato infatti. Una guarigione rapida, quasi miracolosa. Il mio cliente guardava muoversi il suo braccio e piangeva per l’emozione. Bene, neanche dieci giorni dopo quell’uomo timido e quieto va a casa, apre il cassetto in cucina, prende un coltello con venti centimetri di lama e lo pianta nel ventre della moglie. Hai capito che cosa era successo? >>
Rispondo di no, che non ho capito niente, che mi sembra solo il delitto di un pazzo. << Eh no, >> riprende il medico << la faccenda è più complessa. Quell’uomo da tempo odiava la moglie e nell’inconscio aveva già stabilito di ucciderla. La paralisi era stata, senza che lui lo sapesse, la sua difesa. Insomma, il delitto gli ripugnava, ma, terrorizzato dal pensiero di poterlo compiere in un momento di follia, aveva bloccato con la paralisi il braccio destro. Ed ora, recuperato il braccio, tolto il freno che la coscienza gli aveva misteriosamente imposto, aveva ucciso. Vedi che enigma siamo? >>”
 Vittorio Buttafava: "La fortuna di vivere - Taccuino", Biblioteca Universale Rizzoli, Milano, 1982, Pagg. 79 - 80 (Prima Edizione: Rizzoli Editore, Milano, 1981) 

"Abbiamo dentro, tutti, una ferita piccola o grande che non osiamo scoprire, che ci farebbe gridare di dolore solo a sfiorarla. Meglio lasciarla lì, nel silenzio, in attesa che diventi una cicatrice."
Vittorio Buttafava: "Una stretta di mano e via", Biblioteca Universale Rizzoli, Milano, 1978, Pag. 30 (Prima Edizione: Rizzoli Editore, Milano, 1976) 


"Forse passerà [...] una mattina, a salutare. Solo a salutare, niente di importante. Non servirebbe a niente comunque, perché lei lo sa benissimo, lo sa bene quanto lui che è l'amore, imperfetto e disordinato, a tenerli separati, proprio mentre in qualche modo li unisce [...]."
La citazione, tratta dal romanzo "Gente senza storia" di Judith Guest (Traduzione di Masolino d'Amico, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 1977, pg. 277), si riferisce alle difficoltà relazionali tra  una madre e un figlio coinvolti in una tragedia familiare, ovvero la morte del figlio primogenito, amatissimo dalla madre e modello di riferimento per il fratello. Evidenzia la necessità, in alcuni casi, di rimanere lontani, anche se ci si vuole bene, perché restando vicini si soffrirebbe troppo.
E' una situazione che può riguardare non solo le relazioni tra madri e figli, ma tutte le tipologie di relazione, comprese quelle amicali.
L'amore verso gli altri non è sempre lineare, chiaro, perfetto. 
A volte è complicato, doloroso, difficile. Al punto da richiedere una separazione, per evitare di continuare a farsi del male.




domenica 16 luglio 2017

Lezioni di vita: la letteratura insegna

"La vita attuale è inquinata alle radici. L'uomo s'è  messo al posto degli alberi e delle bestie ed ha inquinata l'aria, ha impedito il libero spazio. Può avvenire di peggio. Il triste e attivo animale potrebbe scoprire e mettere al proprio servizio delle altre forze. V'è una minaccia di questo genere in aria. Ne seguirà una grande ricchezza... nel numero degli uomini. Ogni metro quadrato sarà occupato da un uomo. Chi ci guarirà dalla mancanza di aria e di spazio? Solamente al pensarci soffoco!
Ma non è questo, non è questo soltanto.
[...] Forse traverso una catastrofe inaudita prodotta dagli ordigni ritorneremo alla salute. Quando i gas velenosi non basteranno più, un uomo fatto come tutti gli altri, nel segreto di una stanza di questo mondo, inventerà un esplosivo incomparabile, in confronto al quale gli esplosivi attualmente esistenti saranno considerati quali innocui giocattoli. Ed un altro uomo fatto anche lui come tutti gli altri, ma degli altri un po' più ammalato, ruberà tale esplosivo e s'arrampicherà al centro della terra per porlo nel punto ove il suo effetto potrà essere il massimo. Ci sarà un'esplosione enorme che nessuno udrà e la terra ritornata alla forma di nebulosa errerà nei cieli priva di parassiti e di malattie." (Italo Svevo: "La coscienza di Zeno", 1923)

mercoledì 5 luglio 2017

"Anche gli alberi bruciano"

"Questa estate ho imparato tante cose. La prima è che i nonni non si rapiscono, la seconda è che anche gli alberi bruciano, e non parlo della quercia, ma di alberi fatti di carne e sangue che legano generazioni e generazioni, alberi genealogici che crescono marci e divorano tutto, pure i loro stessi frutti. Ho imparato che la mela può cadere lontanissima dall'albero, così lontana da osservarlo bruciare mantenendo intatti i suoi semi, nonostante tutto.
Ho imparato che anche il dolore e la rabbia bruciano, proprio come l'amore. Ma lasciano dentro un marchio diverso."
(Lorenza Ghinelli: "Anche gli alberi bruciano", Rizzoli, Milano, 2017, pgg. 161 - 162)


lunedì 3 luglio 2017

Compiti per le vacanze

Li ho sempre detestati, sin da quando, bambina, mi venivano assegnati. Mi riducevo a svolgerli negli ultimi giorni di vacanza, tra gli sguardi torvi dei miei che mal tolleravano quella pessima abitudine. Ma io pensavo (e penso tuttora) che le vacanze siano sacre e se sono sacre non devono essere dedicate ai compiti scolastici ma ad altro rispetto alle abituali attività.
I miei studenti lo sanno: assegno sempre pochi (o non ne assegno affatto) compiti per le vacanze. Al massimo indico un libro da leggere o chiedo di sceglierne e leggerne
uno a piacere da una lista appositamente predisposta o ancora, come è accaduto quest'anno, chiedo di preparare, già per il primo giorno di scuola, tutti i quaderni delle discipline di mia competenza con la prima pagina intestata e personalizzata.




La vacanza è sacra e deve essere rispettata. Vale per me come per i miei studenti.

lunedì 22 maggio 2017

Bullismo e violazione del diritto di esistere

<<Il bullismo è terribile, ed è uno. Prende di mira persone a cui appiccica etichette diverse, ma parte da un unico terribile principio: la negazione del diritto all'esistenza di tutto quello che non viene considerato "normale", secondo parametri molto spesso non decisi dai ragazzi stessi, ma ritenuti indiscutibili, diffusi nella società, avvalorati dai discorsi degli adulti, dalle loro parole, sostenuti dalle rappresentazioni e dalle stigmatizzazioni che anche dal punto di vista politico si fanno di tutto ciò che è ritenuto - per vari motivi - differente dalla norma.>> (Ivan Cotroneo - Febbraio 2016 - "Un bacio - dal racconto al film" in Ivan Cotroneo: "Un bacio", Bompiani, 2016, pgg. 97 - 98)

sabato 13 maggio 2017

Schiavi e signori

"IDEOLOGIE DEL NOVECENTO"
"La cultura filosofica del primo Novecento trovò in Friedrich Nietzsche (1844 -1900) il distruttore di tutti i valori borghesi tradizionali, definiti vere e proprie schiavitù psicologiche dell’individuo, e l’esaltatore di quella volontà di potenza che esprime le energie più vitali e profonde dell’individuo, proiettandolo in una dimensione oltreumana, al di là degli schemi conformistici e dei condizionamenti della cultura occidentale." (Tratto da: Antonio Brancati: “Storia di popoli e di civiltà”, volume 3, La Nuova Italia, Firenze, 1995, pg. 14)
"LA CONFUSIONE MODERNA"

"Io non vedo che cosa si voglia fare con l’operaio europeo. Egli sta troppo bene per non pretendere ora un poco alla volta di più, per non pretendere con sempre maggiore esasperazione: alla fine ha il numero dalla sua. E’ completamente finita la speranza che si costituisca qui una specie d’uomo modesta e facilmente contentabile di sé, una schiavitù nel senso più blando del termine, in breve una classe, qualcosa che abbia immutabilità. Si è reso l’operaio militarmente abile: gli si è dato il diritto di voto, il diritto di associazione: si è fatto di tutto per corrompere quegli istinti sui quali si poteva fondare una cineseria operaia: così che l’operaio già oggi sente e fa sentire la sua esistenza come uno stato di bisogno (in termini morali come un’ingiustizia…)… Ma cosa vogliamo? Domandiamo ancora una volta. Se si vuole uno scopo, è necessario volere i mezzi: se vogliamo schiavi, e occorrono! – non bisogna educarli da signori." (Tratto da: Friedrich W. Nietzsche: “La volontà di potenza”, in “L’Anticristo”, “Crepuscolo degli idoli”, “Ecce homo”, “La volontà di potenza”, Grandi Tascabili Economici, Newton, Roma, 1989, pg. 348)

venerdì 12 maggio 2017

Gente comune

"Forse passerà [...] una mattina, a salutare. Solo a salutare, niente di importante. Non servirebbe a niente comunque, perché lei lo sa benissimo, lo sa bene quanto lui che è l'amore, imperfetto e disordinato, a tenerli separati, proprio mentre in qualche modo li unisce [...]."
La citazione, tratta dal romanzo "Gente senza storia" di Judith Guest (Traduzione di Masolino d'Amico, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 1977, pg. 277), si riferisce alle difficoltà relazionali tra  una madre e un figlio coinvolti in una tragedia familiare, ovvero la morte del figlio primogenito, amatissimo dalla madre e modello di riferimento per il fratello. Evidenzia la necessità, in alcuni casi, di rimanere lontani, anche se ci si vuole bene, perché restando vicini si soffrirebbe troppo.
E' una situazione che può riguardare non solo le relazioni tra madri e figli, ma tutte le tipologie di relazione, comprese quelle amicali.
L'amore verso gli altri non è sempre lineare, chiaro, perfetto. 

A volte è complicato, doloroso, difficile. Al punto da richiedere una separazione, per evitare di continuare a farsi del male.

lunedì 1 maggio 2017

"Un uomo" da ricordare

ORIANA FALLACI: “UN UOMO”, Rizzoli, Milano, 1979
(Pgg. 11,12, 17, 456, 457)

Un ruggito di dolore e di rabbia si alzava sulla città, e rintronava incessante, ossessivo, spazzando qualsiasi altro suono, scandendo la grande menzogna. Zi, zi, zi! Vive, vive, vive! […] Alle due del pomeriggio erano cinquecentomila, alle tre un milione, alle quattro un milione e mezzo, alle cinque non si contavano più. […] Il popolo insomma. Quel popolo che fino a ieri t’aveva scansato, lasciato solo come un cane scomodo, ignorandoti quando dicevi non lasciatevi intruppare dai dogmi, dalle uniformi, dalle dottrine, non lasciatevi turlupinare da chi vi comanda, da chi vi promette, da chi vi spaventa, da chi vuole sostituire un padrone con un nuovo padrone, non siate gregge perdio, non riparatevi sotto l’ombrello delle colpe altrui, lottate, ragionate col vostro cervello, ricordate che ciascuno è qualcuno, un individuo prezioso, responsabile, artefice di se stesso, difendetelo il vostro io, nocciolo di ogni libertà, la libertà è un dovere, prima che un diritto è un dovere. Ora ti ascoltavano, ora che eri morto. […] Mi toglieva il respiro […] la certezza che tutto ciò non sarebbe durato che un giorno, poi il ruggito si sarebbe spento, il dolore si sarebbe dissolto nell’indifferenza, la rabbia nell’ubbidienza, e le acque si sarebbero placate morbide molli obliose sul gorgo della tua nave affondata: il Potere avrebbe vinto ancora una volta. L’eterno Potere che non muore mai, cade sempre per risorgere dalle sue ceneri, magari credi di averlo abbattuto con una rivoluzione e invece rieccolo, intatto, diverso nel colore e basta, qua nero, là rosso, o giallo o verde o viola, mentre il popolo accetta o subisce o si adegua. Per questo sorridevi quel sorriso impercettibile, amaro e beffardo? […]

Ma più scappavo, più lo rifiutavo, più il maledetto ruggito mi inseguiva con l’eco del ricordo, del dubbio, quindi della speranza, consolandomi e perseguitandomi come il tic-tac di un orologio senza lancette. Vive, vive. Vive, vive. Vive, vive. […] Sicché, a un certo punto, cominciai a dirmi che forse era vero. E, se non era vero, bisognava fare qualcosa perché sembrasse vero o diventasse vero.

*  *  *

Fu così che viaggiando per sentieri ora limpidi e ora foschi di nebbia, ora aperti al passaggio e ora ostruiti da rovi e liane, le due facce della vita senza le quali non esisterebbe la vita, ricalcando piste a me note perché le avevamo tracciate insieme o quasi ignote perché le conoscevo esclusivamente attraverso gli episodi che mi avevi narrato, andai alla ricerca della tua fiaba. La solita fiaba dell’eroe che si batte da solo, preso a calci, vilipeso, incompreso. La solita storia dell’uomo che rifiuta di piegarsi alle chiese, alle paure, alle mode, agli schemi ideologici, ai principii assoluti da qualsiasi parte essi vengano, di qualsiasi colore si vestano, e predica la libertà. La solita tragedia dell’individuo che non si adegua, che non si rassegna, che pensa con la propria testa, e per questo muore ucciso da tutti. Eccola, e tu mio unico interlocutore possibile, laggiù sottoterra, mentre l’orologio senza lancette segna il cammino della memoria.

*  *  *


E così, mentre accadevano altre cose leggiadre, […] mentre Papandreu adottava il tuo cadavere come si adotta un orfanello indifeso e lo sbandierava come un cencio in comizi mentre i tuoi amici e compagni finivano in blocco con lui in cambio d’una bella poltroncina in Parlamento; […] mentre anch’io venivo minacciata con lettere e telefonate, prova-a-scrivere-certe-cose-e-vedrai; stampa-il-tuo-libro-e-vedrai; mentre il popolo accettava questo, di nuovo, subiva questo, di nuovo, cieco e sordo e zitto, di nuovo, piegato di nuovo all’obbedienza o alla convenienza o all’impotenza; mentre nessuno osava dire assassini tutti, a destra a sinistra al centro, lo avete ammazzato tutti insieme, lerci assassini […], il Potere vinse ancora una volta. L’eterno Potere che non muore mai, che cade solo per risorgere, uguale a se stesso, diverso solo nella tinta. Ma tu lo avevi ben capito che sarebbe finita a quel modo e, se mai avesti un dubbio, esso svanì nell’attimo in cui tirasti il respiro profondo che ti succhiava dall’altra parte del tunnel: nel pozzo dove vengono puntualmente gettati coloro che vogliono cambiare il mondo, abbattere la Montagna, dare voce e dignità al gregge che bela dentro il suo fiume di lana. I disubbidienti. I solitari incompresi. I poeti. Gli eroi delle fiabe insensate ma senza le quali la vita non avrebbe alcun senso, e battersi sapendo di perdere sarebbe pura follia. Tuttavia per un giorno, quel giorno che conta, che riscatta, che viene magari quando non si spera più, […] lo capì anche il gregge che bela dentro il suo fiume di lana. Non più gregge, quel giorno, ma piovra che strozza e ruggisce zi, zi, zi! Alekos zi, zi, zi! Alekos vive, vive, vive! Ecco perché sorridevi tanto misteriosamente ora che calavi dentro la fossa dove il Gran Sacerdote coperto di ori e collane, zaffiri smeraldi rubini, simbolo di ogni potere presente e passato e futuro, ruzzolava grottesco, rompendo il cristallo, calpestando la statua di marmo, credendo che soltanto quella restasse di un sogno, di un uomo.

lunedì 28 marzo 2016

Donne e gonne

"Con lo scoppio della prima guerra mondiale, che ebbe tra le sue conseguenze la presenza sempre maggiore delle donne nel mondo del lavoro, gli abiti arrivarono al polpaccio, le linee divennero meno sinuose e più geometriche, appena addolcite dalla cosiddetta <<crinolina di guerra>>, una sottogonna di tulle.
Si può dire che il progressivo accorciarsi delle gonne coincise con altrettante tappe dell'emancipazione femminile.
La moda non è, insomma, qualcosa di frivolo o superficiale. La moda rispecchia e testimonia un'epoca, una società, una cultura. Le necessità economiche e le sovrimposizioni morali; la condizione dell'essere umano nel corso del tempo.
O, con le parole di Roland Barthes nel suo <<Il sistema della moda>>: <<Ogni nuova moda è rifiuto di ereditare, è sovvertimento contro l'oppressione della vecchia moda; la moda si vive come un diritto, il diritto naturale del presente sul passato>>." ( Maria Letizia Putti e Roberta Ricca: "La signora dei Baci Luisa Spagnoli", Graphofeel Edizioni, Roma, 2016, pagina 97)  

venerdì 25 dicembre 2015

Improvvisamente...

... può succedere che la lettura delle pagine di un libro ti riporti indietro, tra esperienze e ricordi, lontani nella memoria, che si rianimano. Ed ecco, sei di nuovo nel '76 e hai di nuovo 15 anni.
"Non mi piaceva fingere di capire, ma mi faceva comodo: così almeno nessuno mi guardava storto o se la prendeva con me dicendomi che ero una qualunquista. Parola che allora si usava molto, come anche fascista. E se ti dicevano fascista o qualunquista, credo volesse solo dire che non facevi politica. Non era bello, eri finito e nessuno ti voleva più."

La citazione è tratta dal romanzo di Paola Mastrocola: "Più lontana della luna", Ugo Guanda Editore, Parma, 2007, pg. 76

(Post pubblicato sul blog "Sala docenti" il 28 dicembre 2007)