lunedì 25 giugno 2018

Allo stato brado

Sempre più frequentemente capita di vedere bambini dall'età variabile tra i due e i dieci anni che al ritiro bagagli in aeroporto si piazzano davanti al nastro trasportatore costituendo un pericolo per sé e un disturbo per gli altri dato che il bagaglio, i bambini, non riescono a ritirarlo rischiando contemporaneamente di prendere in testa quello del passeggero che ritira il suo e non riesce a schivare il bimbo piazzato laddove non dovrebbe essere. In quest'ultimo malaugurato caso, nemmeno così improbabile, il genitore del bimbo colpito non fa che lamentarsi. "Che modi!", ripete, dando per scontato che il figlio, urlante, possa fare ciò che vuole, in sua presenza e anche in sua assenza.
Non si pensi ch'io non sia consapevole di quanto sia difficile educare.
E' difficile, per esempio, chiedere a un bambino di due/tre anni di restare seduto e composto a tavola per tutta la durata del pasto senza pretendere di avere con sé giochini vari, di alzarsi ripetutamente, di gattonare, benché abbia già imparato a camminare da un po', sotto il tavolo ai piedi degli astanti.
Certo che è difficile!
Lo è al pari di chiedere a un tredicenne/quattordicenne di restare seduto al suo banco nel momento in cui gli è richiesto, senza girare per l'aula come un uccellino che si rifiuta di rientrare in gabbia.
Per l'adolescente riottoso, quando va bene, i primi tre mesi di scuola superiore possono bastare per trasmettergli l'idea che, sì, a scuola ci sono momenti in cui bisogna stare seduti.
Mi si dirà che sono altri tempi da quando frequentavo la scuola seduta dalla parte opposta alla cattedra.
Mi si dirà che i bambini, che gli adolescenti sono cambiati.
Non è così. Non sono cambiati i bambini, non sono cambiati gli adolescenti.
Quegli adulti che, ritenendo di fare cosa buona e giusta, lasciano i bambini e gli adolescenti allo stato brado in nome di una libertà presunta da concedere a sé stessi e ai più giovani che vengono loro affidati. 
Così quella libertà diventa licenza, diventa irresponsabilità, diventa incapacità di gestire sé stessi e gli altri.
Tutti allo stato brado, con buona pace delle necessarie regole di convivenza sociale e civile.


martedì 19 giugno 2018

Siamo quello che siamo stati

"Siamo quello che siamo stati" è la frase che utilizzo ogni volta che apro il mio corso di storia all'inizio dell'anno scolastico.
C'è una continuità nelle storie individuali e nelle storie delle gruppi sociali.
Il presente è sempre il risultato del passato.
Circa una trentina di anni fa, qualcuno ha cominciato a irridere la cultura, proponendo al posto delle opinioni di studiosi e intellettuali stimati e riconosciuti quelli di starlette e gente diversa dello spettacolo che si sostituiva ai vari Enzo Biagi, Umberto Eco, Giorgio Bocca, Indro Montanelli, etc. etc., accantonati e ridicolizzati da chi, in nome della libertà di parola, esigeva il diritto di esprimere tutta la propria ignoranza.
"La nostra forza è l'ignoranza!": la ricordo ancora la scritta apparsa sul muro di fronte all'edificio scolastico dove all'epoca insegnavo (saranno stati gli inizi degli anni Novanta, più o meno) che mi inorridì.
Continuavo a sottolineare agli studenti delle classi che mi venivano assegnate quanta illusione si nascondesse dietro quelle parole: l'attacco alla cultura e alle istituzioni scolastiche che iniziava in quegli anni, l'illusione di strappare un titolo di studio senza aver mai aperto libro, i diplomifici, l'arroganza dell'ignoranza, tutto questo, sostenevo, serviva solo a far sì che le lotte che nei decenni passati erano state fatte per il diritto allo studio per tutti, venissero così completamente designificate. 
"Vi vogliono ignoranti e lo fanno rendendo la scuola un centro sociale e un'istituzione superata e inutile." Qualcuno mi credeva; molti no.
Considerai un insulto alla mia professionalità la pubblicazione, nel 1992, di un libro dal titolo "Mai più bocciati - Come essere promossi senza studiare mai".



 solitudine, egoismo, arroganza, ignoranza.

domenica 17 giugno 2018

La valutazione scolastica spiegata agli studenti (e anche ai genitori)

In un mondo in cui, grazie alla diffusione della Rete e alla superficialità che regna sovrana, tutti pensano di sapere tutto, si finisce per crederlo davvero.
Da qui, forse, l'arroganza di chi pretende di dare lezioni, anche manesche, agli addetti ai lavori, qualunque sia la loro professione. Attualmente, vittime di linciaggio non solo verbale, almeno da quanto si legge e si sente raccontare, sono i docenti, rei di aver mal valutato studenti di varie fasce d'età.
Forse, una volta di più, sarebbe il caso di sottolineare che quando un insegnante assegna un voto o un giudizio, non sta valutando la persona ma sta semplicemente assegnando una valutazione rispetto a un obiettivo, una competenza, un'abilità, una conoscenza verificata attraverso una prestazione (prova scritta o orale, lavoro di gruppo, intervento pertinente durante una discussione e quant'altro).
Nella valutazione finale, inoltre, si tiene conto di una serie di indicazioni ministeriali, come quelle di seguito riportate:
"La valutazione dell’alunno scaturisce da una equilibrata analisi delle proposte di voto presentate dai singoli docenti e sostenute da un giudizio scritto motivato. Il Consiglio di Classe valuterà la situazione scolastica dell’alunno in relazione a: 
1. obiettivi disciplinari a. Grado di raggiungimento degli obiettivi disciplinari quale risulta dalle prove di verifica effettuate nelle singole discipline b. Progressione del grado di apprendimento della disciplina attribuibile a continuità nello studio o alle strategie attuate c. Disponibilità verso gli interventi di recupero proposti d. Possibilità di allineamento al programma disciplinare della classe successiva 
2. obiettivi formativi a. Consapevolezza dell’esperienza scolastica b. Disponibilità alla condivisione delle regole della comunità scolastica c. Partecipazione alle attività scolastiche extracurricolari (integrative, di approfondimento) 
3. situazioni personali a. Condizioni di salute b. Situazioni socio-familiari c. Inserimento ad anno scolastico iniziato d. Altro".
Gli studenti e i genitori che di fronte a una pagella o al tabellone degli esiti cominciano a fare confronti calcolando le medie matematiche o mettendo a confronto l'esito di uno studente con quello di un altro, non solo non hanno letto il PTOF e il patto formativo pubblicati da ogni Istituto scolastico e che essi hanno accettato e firmato all'inizio di ogni anno scolastico, ma ritengono che un Consiglio di Classe o il corpo docente sia formato da macchinari tecnologici e non da persone.
Se lo scrutinio dovesse essere il risultato di una mera media matematica, si potrebbe farlo fare al computer, al registro elettronico. Così i docenti eviterebbero anche di rischiare di essere insultati o picchiati da chi crede di sapere tutto.

venerdì 8 giugno 2018

#sempreattuale


“E’ giunto il momento, piuttosto, di dire ai giovani che il loro modo di acconciarsi è orribile, perché servile e volgare. Anzi, è giunto il momento che essi stessi se ne accorgano, e si liberino da questa loro ansia colpevole di attenersi all’ordine degradante dell’orda.” (Pier Paolo Pasolini: “7 gennaio 1973. Il <<Discorso>> dei capelli”, “Scritti corsari”, Garzanti, 1975, edizione Garzanti Novecento, Milano, 2009, pg. 11)


"Una lezione alla scuola di Barbiana"

"Lezione ad un gruppo di ragazze della scuola media di Borgo S. Lorenzo salite a Barbiana nel Carnevale 1965
DON LORENZO
Ho sentito dire dall'Adele (nota: Adele, insegnante di lettere nella classe delle ragazze di Borgo S. Lorenzo e che nelle ore libere aiutava alla scuola di Barbiana) che voi vorreste in settimana ballonzolare a scuola. Un fatto simile mi ha talmente incuriosito che ho voluto seriamente discuterne insieme a voi, perchè o nel ballo c'è qualcosa di abbastanza utile alle bambine da poterlo fare nei luoghi sacri o è inutile, allora a scuola non si può fare.
La scuola è quel luogo dove si insegnano cose utili, quelle cose che il mondo non insegna, sennò non va bene.
Sicchè anche se il ballo è soltanto una cosa inutile, farlo a scuola è una cosa assolutamente indecente. Se il preside vi permette queste cose forse vede nel ballo qualcosa di utile, perchè una delle tre : o è utile, o è inutile, o è dannoso.
Se è inutile è immorale, se è dannoso è immorale e se è utile tocca a qualcuno dimostrarmelo.
Io son disposto ad ascoltare una documentazione seria e a cambiare idea da qui a un'ora, ma spero piuttosto che la cambierete voi! Io non sono in partenza deciso ad arrivare in fondo con la mia idea, a me interessa sapere qualcosa. Io sono un povero prete di montagna, queste cose non le so. Imparare fa sempre bene. [...]"
UNA RAGAZZINA
Ma se nel fare una cosa inutile non si fa male a nessuno, questo non è mica immorale?
DON LORENZO
[...] Se la vita è un bel dono di Dio non va buttata via e buttarla via è peccato. Se un'azione è inutile, è buttar via un bel dono di Dio. E' un peccato gravissimo, io lo chiamo bestemmia del tempo. E mi pare una cosa orribile perchè il tempo è poco, quando è passato non torna.
A me manca sempre e non so come a voi vi avanzi per buttarlo via. E vedo che anche ai miei ragazzi manca sempre. Noi facciamo scuola dalla mattina alla sera, lo sapete, compreso la domenica e l'estate e a ognuno di loro manca il tempo per leggere un libro; eppure avrebbero bisogno di leggere. Sicché non raccontiamo storie: alle persone normali il tempo manca, a quelle anormali invece avanza.
Se vi avanza il tempo siete anormali cari! Perché le persone normali che conosco io, sono alla disperata ricerca di un po' di tempo. Prendono un caffè la sera per stare svegli un'ora di più, si disperano perché non riescono a fare tutto quello che vorrebbero fare: leggere tutto quello che vorrebbero leggere, fare tutto il bene che vorrebbero fare, vedere certi importanti film che sarebbe il caso di vedere, compiere i doveri di tutti i giorni, campare la famiglia se uno ha da camparla, fare tutti gli studi di scuola se uno va a scuola. Insomma tutte le persone normali sono alla disperata ricerca di un po' di tempo di avanzo.
Le persone anormali invece hanno del tempo di avanzo e tentano di buttarlo via. [...]"
Il brano citato è tratto da "Una lezione alla scuola di Barbiana" (Don Lorenzo Milani: "Una lezione alla scuola di Barbiana", a cura di Michele Gesualdi, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze, 2004, pgg.11-12,13).

mercoledì 6 giugno 2018

Dimostrami di amarmi

Alessio (il nome è fittizio ma la vicenda è reale), 17 anni, durante uno di quei momenti di confessione che a scuola accadono tra studenti e docenti, rivela che non sa più quale espediente escogitare per catturare l'attenzione dei suoi genitori che, a suo dire, non lo considerano affatto.
"Per loro è come se non esistessi. Di me, a loro, non importa nulla. Mi lasciano libero di andare dappertutto senza chiedermi nulla. Affermano che lo fanno per rispettare la mia libertà. Secondo me lo fanno per rispettare la loro libertà. Non si preoccupano affatto di me. Io, per catturare la loro attenzione, ho fatto di tutto, sono rientrato a casa di notte sempre più tardi. Mai un rimprovero, mai. Niente. Per loro non esisto."
Riflettano quei genitori che, come quelli di Alessio, hanno dimenticato che il loro ruolo non è quello di essere amici e complici dei loro figli ma quello di educare, indicare un modello di vita, trasmettere sogni, passioni, definire regole e farle rispettare. 
L'adolescente, per crescere, ha bisogno  di sfidare regole e limiti per sentirsi vivo e per dare un senso a ciò che vive. Ma se i limiti e le regole non esistono più, i più giovani si sentiranno sempre più soli, sempre più vuoti, sempre meno amati.

martedì 29 maggio 2018

DEMOCRAZIE (Sempre attuale...)

Come costruire una democrazia rafforzata, capace di trasformare le differenze in risorse?


MODELLO DI DEMOCRAZIA PARLAMENTARE

1) DIRITTO DI PAROLA

2) DIRITTO DI CONTRADDITTORIO

3) DIRITTO DELLA MAGGIORANZA CUI LA MINORANZA SI ADEGUA

Può esistere una democrazia basata sull’ascolto che potenzia la democrazia parlamentare


MODELLO DI DEMOCRAZIA BASATO SULL’ASCOLTO DELLE MINORANZE

1) DIRITTO DI ESSERE ASCOLTATO

2) DIRITTO DI MOLTIPLICARE LE PROGETTUALITÀ

3) COOPROGETTUALITÀ CREATIVA (DIALOGO E ASCOLTO BASATI SULLA DISCUSSIONE E SULL’ESPLORAZIONE)

(Appunti tratti dalla relazione di Marianella Sclavi, Albino (Bg), Seminario: "Educare al conflitto", 16 settembre 2010)




martedì 22 maggio 2018

22 maggio: "Lacrime nerazzurre"

Il 22 Maggio il calendario festeggia Santa Rita da Cascia, la santa dei Casi impossibili.
Otto anni fa, per chi tifa Inter, qualcosa che alla vigilia poteva sembrare impossibile, accadde.
Accadde a Madrid, la sera del 22 Maggio 2010. 

Due giorni dopo, il 24 Maggio, sul blog "La panchina in cima al monte" pubblicai "Lacrime nerazzurre".

"Le lacrime del Capitano, quelle del Chucu, dello Special One, del Principe, di coloro che sugli spalti piangevano di gioia per un'emozione attesa per decenni, un sogno che sembrava dover rimanere tale ed invece diventava realtà in una splendida serata di maggio.
Le mie lacrime di gioia per questa squadra che ho imparato ad amare in età adulta, seguendo il fratello che, lui sì, l'aveva scelta fin da bambino. A me l'Inter era piaciuta perché soffriva, perché ci provava e non vinceva, perché inseguiva un sogno. Mi piaceva pensare che quel sogno si sarebbe realizzato e che la sofferenza, tanta, si sarebbe trasformata in una felicità intensa, indescrivibile, fortissima.
Una felicità maturata dopo anni di sfottò, di delusioni e sconfitte cocenti, di lacrime di amarezza, il derby perso 6 a 0, il 5 maggio 2002, l'esclusione dalla Champions a favore del Milan senza aver mai perso, i  "Non vincete mai!", i cori come "Interista chiacchierone bravo sotto l'ombrellone ... [... ] e come l'anno scorso e come l'anno prima [...]", "Interista diventi pazzo!" e quant'altro.
Eppure ci credevo davvero, lo sentivo nel profondo del cuore che sarebbe capitato. Perché ero convinta anch'io, con Jim Morrison, che "A volte il vincitore è semplicemente un sognatore che non ha mai mollato".
Così, mentre continuo a piangere di gioia, penso che sia valsa la pena sopportare tanta sofferenza per provare, adesso, il dolce sapore del trionfo."

https://vimeo.com/11960846?ref=fb-share&1

lunedì 7 maggio 2018

Emozionarsi, ancora. Anche a scuola.






“Un po’ di coraggio e tanta passione” : sono questi i due ingredienti richiesti per iniziare un programma di Didattica delle emozioni®, il format promosso da Ulisse Mariani e Rosanna Schiralli per sviluppare l’intelligenza emotiva e favorire il benessere a scuola.
Affrontare e gestire le proprie emozioni, da parte soprattutto delle  giovani generazioni che si ritrovano a vivere il vuoto della mancanza di desiderio, soffocate da una quantità di beni materiali e di relazioni virtuali che non possono appagare i più autentici bisogni di vicinanza, intimità, conferma, riconoscimento e sicurezza dell’essere umano, appare, in un’epoca come l’attuale, una vera e propria necessità al fine di affrontare e/o prevenire situazioni di scarsa attenzione e motivazione, apatia, aggressività che sempre più manifestano il malessere e il disagio degli alunni.
La Didattica delle emozioni® consiste nell’introdurre nella consueta azione didattica una serie di procedure, tecniche e strategie atte a sviluppare negli alunni, fin dalla scuola dell’infanzia, la capacità di individuare, gestire e modulare nel modo più opportuno le proprie emozioni.
L’applicazione del format non costituisce un aggravio di impegno per il docente né interferisce con la normale attività didattica; favorisce invece, come sperimentazioni e misurazioni successive su campioni di alunni molto vasti hanno dimostrato, lo sviluppo delle competenze emotive degli alunni, tanto più significative quanto minore è l’età degli alunni stessi.
Rilevante risulta il coinvolgimento del Dirigente Scolastico, dei docenti dell’Istituto e dei genitori con cui va condivisa la validità del format, al fine di una diffusione dello stesso.
L’applicazione delle tecniche proposte dal format ha trovato sempre, laddove sperimentato,  una buona accoglienza tra gli alunni che hanno avuto l’opportunità di esprimere sé stessi e il proprio mondo interiore, sentendosi ascoltati e protagonisti. Proprio per questo è importante che una volta intrapreso, il percorso venga portato avanti almeno fino alla fine dell’anno scolastico per evitare di deludere le aspettative degli alunni stessi.





domenica 6 maggio 2018

Collezione Primavera - Estate 2018 ("come l'anno scorso / come l'anno prima")

Con i primi caldi, può capitare di incontrare per strada chi sfoggia mise non esattamente eleganti e di buon gusto; abiti strettissimi che contengono a malapena corpi che si dimenano e tentano di sfuggire alla compressione imposta dai tessuti; manifestazioni pilifere che si mostrano in tutta la loro ricchezza, etc., etc. 
Se è vero, tuttavia, che la libertà di espressione riguarda anche il modo di abbigliarsi, si può anche sorvolare su espressioni che, a volte, non sono esattamente indice di classe.
La questione diventa molto più seria ed importante quando i corridoi e le aule scolastiche si trasformano in vere e proprie succursali dei "Bagni Mariuccia" della Versilia. Si avrebbe voglia quasi di fornire a chi si ostina ad indossare capi indubbiamente adatti per il tempo libero (cosa che, pare, la scuola non è) secchiello, paletta ed eventuale salvagente perché non si può mai sapere...