sabato 22 aprile 2017

25 Aprile


« Partigiano!

 Ti ho visto appeso
immobile.
Solo i capelli si muovevano
leggermente sulla tua fronte.
Era l'aria della sera
che sottilmente strisciava
nel silenzio
e ti accarezzava,
come avrei voluto fare io. »

(Giacomo Manzù, 5, dedica incisa sul "Monumento al partigiano" - Bergamo)




 Salvatore Quasimodo

ALLE FRONDE DEI SALICI

E come potevano noi cantare
con il piede straniero sopra il cuore,
tra i morti abbandonati nelle piazze
sull’erba dura di ghiaccio, al lamento
d’agnello dei fanciulli, all’urlo nero
della madre che andava incontro al figlio
crocifisso sul palo del telegrafo?
Alle fronde dei salici, per voto,
anche le nostre cetre erano appese,
oscillavano lievi al triste vento.



mercoledì 12 aprile 2017

Biciclettate in testa e tutti zitti!

La locandina del quotidiano locale di qualche giorno fa riportava la notizia secondo cui la città in cui vivo,  si ritrova a occupare uno dei primi posti per numero di multe comminate. Non nego che sia così. Osservo tuttavia che l'elevato numero di multe, almeno al momento, non mi sembra abbia modificato comportamenti che violano sistematicamente le regole della convivenza civile nonché quelle del codice stradale.
Quotidianamente incrocio (a volte mettendo a rischio anche la stabilità delle mie ginocchia, essendo costretta a cambi di direzione improvvisi) ciclisti che percorrono (talvolta anche a velocità sostenuta)  marciapiedi non individuati come piste ciclabili, ciclisti che percorrono contromano carreggiate riservate alla circolazione dei veicoli, pedoni che attraversano fuori dalle strisce pedonali, sbucando a volte dietro autobus o mezzi che impediscono di vederli chiaramente, costringendo gli automobilisti a brusche ed improvvise frenate, pedoni che attraversano con il rosso, automobilisti che in prossimità delle strisce pedonali accelerano anziché rallentare, automobilisti che, al scatto del verde, partono come se partecipassero al gran premio.
Tacerò poi delle strade disseminate di escrementi di cane i cui proprietari si guardano bene dal raccogliere.
Quel che maggiormente mi indigna, tuttavia, è l'arroganza di chi non rispetta le regole e che risponde seccato se glielo si fa notare.
Un paio di settimane fa, in una circostanza simile, ho rischiato una biciclettata in testa: percorrevo il marciapiede antistante il mio edificio scolastico; era l'ora di inizio delle lezioni e c'erano molti pedoni. Improvvisamente, facendosi avanti tra uno slalom e l'altro, è arrivato un ciclista che ha chiesto sì permesso, ma lo ha fatto sfiorando i pedoni che gli impedivano il passaggio. Ho commentato fra me e me (ma non tanto da non essere sentita): "Chiede pure permesso! Roba da matti!". Non lo avessi mai fatto: il tipo, grande e grosso, ha afferrato a due mani la bicicletta, sollevandola, e a cominciato a inveire contro di me in inglese (o almeno, penso che di inglese si trattasse, avendo io riconosciuto, tra le altre parole, quella del titolo di una canzone di un po' di anni fa degli Articolo 31 cantata con Paola Turci). Non ho osato guardarlo e ho temuto di ricevere la bicicletta sulla testa. Sono ammutolita e ho proseguito il mio cammino, temendo di essere aggredita. Mi sono indignata e, ancora oggi, ricordando l'episodio, mi indigno ancora di più: sinceramente io non ne posso più di avere a che fare con chi, sempre più spesso, non solo non rispetta le regole ma non rispetta nemmeno gli altri che, muti, devono accettare la legge di chi urla più forte.

lunedì 10 aprile 2017

I semini della buona educazione.

In attesa che gli umani recuperino "la legge morale dentro di sé" di kantiana memoria, ci si potrebbe affidare alla tecnologia che, nel contempo, ha fatto passi da giganti: un microchip, inserito alla nascita in ciascun umano, che possa impedire gli attraversamenti con il rosso, l'invasione di piste ciclabili da parte di automobilisti frettolosi, bevute esagerate accompagnate da corse folli in auto, corruzione e collusi, etc., etc, etc.. Sarebbe un mondo asettico, non certo felice e, forse, nemmeno meno violento. E, allora, non ci rimane che sperare nei semini lasciati da una buona educazione.

giovedì 6 aprile 2017

Parlare al cuore

Da tempo, ormai, psicologi e pedagogisti sostengono che, per favorire l'apprendimento degli studenti, in particolare degli adolescenti, occorre che il docente parli al loro cuore, sia in grado, cioè, di incuriosirli, di emozionarli, di appassionarli, trasmettendo loro non solo i contenuti della sua disciplina ma il suo amore per la disciplina e per i contenuti che insegna.
Ciascuno di noi ha sperimentato quanto sia importante che i docenti stabiliscano un clima di apprendimento sereno, che stimoli la motivazione e, che, soprattutto, sia in grado di appassionare gli studenti, quasi seducendoli con la propria passione.
Parlare al cuore può farlo solo chi parla col cuore.

sabato 25 marzo 2017

Angherie da bulli: le responsabilità degli adulti

C'è stato un periodo, una ventina di anni fa, in cui si tendeva a liberare le famiglie dalle loro responsabilità, attribuendo certi comportamenti giovanili alla cattiva influenza della società. La verità è che la società è data dalle persone che la costituiscono e se tra queste persone ci sono genitori che non educano i figli al rispetto di sé stessi e degli altri, ritenendo magari certi comportamenti solo innocenti ragazzate, non possiamo che aspettarci tali risultati. Quando tuttavia si verificano certi episodi, non si può non sottolineare la grave responsabilità degli adulti, lontani a volte da quel patto educativo che permette ai più giovani di crescere senza dover calpestare e umiliare coloro che si ritengono più deboli, nell'illusione di essere più forti. 
Non si è più forti: si è solo dei deboli vigliacchi.

martedì 21 marzo 2017

La poesia del calcio

Sembra che Umberto Saba, inizialmente, non amasse il calcio. Pare che non avesse alcuna simpatia per i tifosi di cui non apprezzava l'entusiasmo o la disperazione per un pallone entrato, o no, nella rete.
Poi, un giorno, gli capitò di assistere a una partita, quella tra la potentissima Ambrosiana e la vacillante Triestina, che finì con un risultato esaltante per la Triestina, uno zero a zero che valeva quanto una vittoria data la differenza tra le forze in campo.
Il clima esaltato dello stadio, l'entusiasmo delirante della folla contagiarono il poeta, che vide nel gioco del calcio una delle espressioni simboliche della vita, la possibilità di palpitare, di soffrire e di gioire insieme agli altri, proprio come accade nella quotidianità.
Al gioco del calcio Umberto Saba dedicò cinque poesie che inserì nel suo "Canzoniere" e di cui riporto alcuni versi.
"[...] Trepido seguo il vostro gioco.
Ignari
esprimete con quello antiche cose
meravigliose
sopra il verde tappeto, all'aria, ai chiari
soli d'inverno.
Le angosce,
che imbiancano i capelli all'improvviso,
sono da voi sì lontane! La gloria
vi dà un sorriso
fugace: il meglio onde disponga. Abbracci
corrono tra di voi, gesti giulivi. [...]
[...] V'ama
anche per questo il poeta, dagli altri
diversamente - ugualmente commosso.
(Umberto Saba: "Squadra paesana")
"Di corsa usciti a mezzo il campo, date
prima il saluto alle tribune. Poi,
quello che nasce poi
che all'altra parte vi volgete, a quella
che più nera s'accalca, non è cosa
da dirsi, non è cosa ch'abbia un nome. [...]
Festa è nell'aria, festa in ogni via.
Se per poco, che importa? [...]
La vostra gloria, undici ragazzi,
come un fiume d'amore orna Trieste.
(Umberto Saba: "Tre momenti")
"[...] La folla - unita ebbrezza- par trabocchi
nel campo. Intorno al vincitore stanno,
al suo collo si gettano i fratelli.
Pochi momenti come questo belli,
a quanti l'odio consuma e l'amore,
è dato, sotto il cielo, di vedere. [...]
(Umberto Saba, "Goal")

I brani citati sono tratti da: "Umberto Saba: "Il Canzoniere", Scelta e annotazione di Folco Portinari, Einaudi Scuola, Milano, 1990, pgg. 165, 167, 172.

"C'è chi insegna..."

C'è chi insegna
guidando gli altri come cavalli
passo per passo:
forse c'è chi si sente soddisfatto
così guidato.

C'è chi insegna lodando
quanto trova di buono e divertendo:
c'è pure chi si sente soddisfatto
essendo incoraggiato.

C'è pure chi educa, senza nascondere
l'assurdo ch'è nel mondo, aperto ad ogni
sviluppo ma cercando
d'essere franco all'altro come a sé,
sognando gli altri come ora non sono:
ciascuno cresce solo se sognato.


(Danilo Dolci)


P.S.: Ringrazio di cuore l'amatissima collega che mi ha fornito il testo.

venerdì 10 marzo 2017

Lezioni di vita

A volte ho la sensazione di vedere, solo io, ciò che gli altri non vedono: bambini sempre più capricciosi, irritanti ed ineducati; adolescenti confusi, deboli, arroganti, sballati; adulti irresponsabili, irriverenti, ignoranti, boriosi. Un paese allo sbando. Una scuola allo sbando. Una società sempre più disorientata. E tante persone sole. Affannate. Di corsa. Tutte in agitazione ad inseguire il nulla.
Mi chiedo: ma tutto ciò lo vedo solo io? O gli altri lo vedono e fanno finta di nulla? O gli altri non lo vedono perchè non vogliono vederlo?
"Non vediamo quello che non vogliamo vedere" mi disse molti anni fa la madre di un alunno, completamente sordo dalla nascita.
Quella madre, disperata, in un drammatico colloquio, mi rivelò che solo a due anni dalla nascita del figlio si rese conto, insieme al marito, della disabilità del bambino. Eppure erano entrambi colti, appartenenti a famiglie di fascia sociale elevata, benestanti. Come era stato possibile che non si fossero resi conto che il loro bambino non udiva nulla, non si voltava verso la fonte da cui provenivano i suoni?

"Il fatto è, professoressa, che noi non accettavamo che potesse essere davvero così. E lo abbiamo negato, soprattutto a noi stessi, finché è stato possibile farlo. Non vediamo mai quello che non vogliamo vedere. E' così, per tutti gli eventi, piccoli o grandi che siano, della vita."

lunedì 6 marzo 2017

Come in amore (e lo sostiene anche Galimberti!)

Leggo che Umberto Galimberti (http://wisesociety.it/incontri/umberto-galimberti-la-nostra-societa-ad-alto-tasso-di-psicopatia-non-e-adatta-a-fare-figli/) sostiene che la scuola può rimediare alle carenze affettive vissute in famiglia trasmettendo i suoi contenuti con passione, facendo leva sulle emozioni degli studenti ed insegnando loro ad appassionarsi.

Qualcosa del genere aveva già scritto Antonella Landi, in un suo articolo pubblicato il 10 settembre 2011 sulle pagine fiorentine del "Corriere della Sera" dedicate a "I quaderni della Profe", la sua rubrica settimanale, esprimendosi così: "A scuola è come in amore: bisogna essere in due a voler far funzionare il giochino.".


Altrimenti, avevo aggiunto io qualche tempo dopo, in occasione di una delle più memorabili sfuriate che mi sia capitato di fare agli studenti, diventa masturbazione. Masturbazione intellettuale, ma sempre masturbazione è.



In quell'occasione, loro, gli studenti, apprezzarono. Chiesero di scrivere la frase sulla lavagna.
Ci eravamo chiariti. Ci eravamo rappacificati.
Stavano seguendo attentamente, prendendo diligentemente gli appunti per prepararsi alla prossima verifica scritta. E anch'io procedevo in modo spedito e preciso, attenta ad ogni dubbio o richiesta che provenisse da loro.
Ci eravamo chiesti reciprocamente scusa e sembrava che nulla, in precedenza, fosse accaduto.



Proprio come succede dopo un litigio tra innamorati. Proprio come succede in amore.

sabato 24 settembre 2016

Per giorni e giorni...






"Per giorni e giorni senza che nulla accadesse.
Il mare vuoto, vuota agitazione
di memorie e di membra senza attesa.
E un giorno tu compari sull'orizzonte.
Due punti che si guardano da lontano.
Quanto spiarsi, come cose immortali!"

Vittorio Bodini, "Appunti di poesia", 1943 -1961
Pubblicato in: Vittorio Bodini: "Poesie (1939 -1970)", Congedo Editore, Galatina, 1980 su licenza Arnoldo Mondadori Editore, pgg. 5 -6.