sabato 11 giugno 2022

Da numero a fantasma: il dramma della dispersione scolastica

 Fantasmi, è vero. O, più semplicemente, come si diceva una volta, numeri. Sorprende che nella scuola, soprattutto in certi indirizzi di scuole, non ci si renda conto del dramma che noi tutti, e in primo luogo i più giovani (mi riferisco ai bambini e, soprattutto, agli adolescenti) abbiamo vissuto negli ultimi due anni. La scuola è diventata così lo specchio di un fallimento educativo che già era presente prima della diffusione della pandemia e che con la pandemia ha mostrato tutte le sue criticità: una scuola a volte esageratamente selettiva che non è stata capace di far emergere le potenzialità di ciascuno degli studenti che gli erano stati affidati e, d'altra parte, una scuola fin troppo lassista, ugualmente incapace di trasmettere passione, conoscenza, entusiasmo per la vita e per il sapere. Una scuola con docenti spesso disillusi o trasformati in meri burocrati, impegnati a compilare moduli e a formulare discorsi in cui non ci si crede. Una scuola che a volte, tuttavia, resiste, e lo fa con chi, maestro, insegnante, genitore, dirigente, operatore o collaboratore a qualunque titolo nella scuola, continua a credere che gli studenti abbiano il diritto di avere almeno un maestro, un insegnante che segnerà il percorso della loro vita per sempre, che trasmetterà loro la passione per la conoscenza, per il sapere, per la vita, e che sarà capace di mostrare a ciascuno il proprio talento. Ci sono questi docenti, ci sono queste scuole ed è nel loro entusiasmo e nella loro passione che bisogna riporre le speranze, nonostante tutto.

giovedì 28 aprile 2022

Il cognome del padre e della madre

#ancoratantodafare

 A Samantha Cristoforetti, alla vigilia della sua partenza per lo Spazio, è stato chiesto a chi avrebbe lasciato i suoi figli. "Al padre." ha risposto lei.

Ecco, a un astronauta di genere maschile, nessuno si sarebbe sognato di fare la stessa domanda.
La questione del cognome del padre e della madre, per essere affrontata, ha avuto bisogno di una spallata della Corte Costituzionale.
Ma per il resto c'è ancora tanto, tanto, tanto da fare.

domenica 24 aprile 2022

Amori difficili

 

"Forse passerà [...] una mattina, a salutare. Solo a salutare, niente di importante. Non servirebbe a niente comunque, perché lei lo sa benissimo, lo sa bene quanto lui che è l'amore, imperfetto e disordinato, a tenerli separati, proprio mentre in qualche modo li unisce [...]."

La citazione, tratta dal romanzo "Gente senza storia" di Judith Guest (Traduzione di Masolino d'Amico, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 1977, pg. 277; da questo romanzo è stato tratto il film di Robert Redford  "Gente comune" del 1980), si riferisce alle difficoltà relazionali tra una madre e un figlio coinvolti in una tragedia familiare, ovvero la morte del figlio primogenito, amatissimo dalla madre e modello di riferimento per il fratello. Evidenzia la necessità, in alcuni casi, di rimanere lontani, anche se ci si vuole bene, perché restando vicini si soffrirebbe troppo.


E' una situazione che può riguardare non solo le relazioni tra madri e figli, ma tutte le tipologie di relazione, comprese quelle amicali.

L'amore verso gli altri non è sempre lineare, chiaro, perfetto.

A volte è complicato, doloroso, difficile. Al punto da richiedere una separazione, per evitare di continuare a farsi del male.

giovedì 17 marzo 2022

Docente psicologo?

 Sinceramente, ritengo che i due ruoli, quello del docente e quello dello psicologo, debbano essere assolutamente distinti poiché distinte ne sono le funzioni. Indubbiamente un insegnante deve sapere ascoltare uno studente, ne deve comprendere le difficoltà nell'approccio allo studio ma non deve trasformarsi nello psicologo che lo aiuta a guardarsi in sé stesso e a relazionarsi con sé stesso, con gli altri, con la realtà che lo circonda. Il compito del docente è quello di trasmettere l'amore per lo studio e per le discipline insegnate, stimolare la curiosità e il dubbio ma non trasformarsi in uno psicologo o in un confessore, rischiando di fallire in entrambi i ruoli, quello del docente e quello, appunto, dello psicologo.

giovedì 11 marzo 2021

10 marzo

 E ora, dopo tutti gli slogan, e i fiori, spesso mimose, e le belle parole, ci aspetteremmo, in ordine sparso:

- nidi e scuole dell'infanzia pubblici e di quartiere, se possibile aperti 24 ore su 24 (se lo fanno i supermercati, possono farlo anche gli asili nido, anche perché potrebbe essere che i genitori di quei bambini lavorino proprio nei supermercati aperti 24 ore su 24)
-fasciatoi anche nei bagni per signori, come accade nei Paesi dell'Europa del Nord
- un welfare che non si limiti a riconoscere un bonus una tantum a chi ha dei figli ma che consenta a tutti, uomini e donne, di scegliere serenamente di diventare genitori potendo assicurare cibo e beni primari per sé e per i propri figli
- politiche sociali e del lavoro che non costringano le donne a dover scegliere tra lavoro e maternità, tra lavoro e cura di familiari
- il riconoscimento del valore e dei talenti di ciascuno, indipendentemente dal proprio genere
- il superamento di una cultura sessista, strisciante e dominante.
Ok. Per oggi ho finito. ⏰

lunedì 1 febbraio 2021

Morire di parto

Quando nel 1977 questa canzone cominciò a circolare sulle radio libere che trasmettevano canzoni melodiche, non potei far a meno di esserne colpita. 

Nel 1977  morire di parto in Italia non era un'eventualità così remota, sebbene accadesse sempre meno frequentemente rispetto ai primissimi anni del decennio precedente (1960/1961), quando l'ospedalizzazione del parto non era ancora così diffusa.

Fin da bambina io avevo imparato che di parto si poteva morire e che potevano morire sia la madre sia il neonato. Entrambi. O uno dei due. 

Nella mia famiglia la cugina di mia madre, a 22 anni, era morta di parto e con lei era morto il suo bambino. Il sorriso di quella giovane donna, di cui mi restava il ricordo nella foto che la madre di lei teneva in sala e che era la stessa che c'era sulla sua tomba, mi turbava ogni volta che mi capitava di guardarlo.

Ugualmente mi turbava e mi imbarazzava, perché mi sembrava di essere una privilegiata rispetto a lei, la vicenda di una bambina che abitava nel mio condominio e che era mia compagna di giochi: la sua mamma era morta nel darla alla luce e lei viveva con la nonna materna.

Sono le storie che viviamo che spesso, anche se non ce ne accorgiamo. ci segnano per sempre, indirizzando e guidando poi le nostre emozioni, le nostre passioni, le nostre attenzioni e le nostre curiosità, i nostri gusti, le nostre scelte di vita.


"Finalmente s’apre quella porta accanto
Mi fissa lì il dottore e aspetta un pianto
Lo so, non me lo dica, ho già capito
Il bimbo è nato, ma il sogno è finito
Odio mio figlio
Dio, che mi succede
Lo odio con tutta la mia anima e lo vedo
Lo so che non ha colpa, ma non posso amarlo
In cambio non lo accetto, devo odiarlo"



https://www.youtube.com/watch?v=UKugS2PGr3o&feature=share&fbclid=IwAR021YOUDqnM848s8bhVR3rZaP_De5lFRLvBisa2ATPBISX8PPdDH12TAsk


Filippo Schisano
Odio mio figlio
Sono lì in corsia ad aspettare
Che diventi padre, sai che gioia
A te che soffri per amore mio
Ma non faccio altro che pensare a te
Nella gioia e nel dolore sarà sempre mio
Ho comprato delle rose stamattina Che bellezza se verrà un bambino
Mi fissa lì il dottore e aspetta un pianto
Non potrò scordarmi mai di Dio Finalmente s’apre quella porta accanto
Dio, che mi succede
Lo so, non me lo dica, ho già capito Il bimbo è nato, ma il sogno è finito Odio mio figlio
In cambio non lo accetto, devo odiarlo
Lo odio con tutta la mia anima e lo vedo Lo so che non ha colpa, ma non posso amarlo Odio mio figlio Dio che mi succede
Ho rubato un giglio alla Madonna
Lo odio con tutta la mia anima e lo vedo Lo so che non ha colpa, ma non posso amarlo In cambio non lo accetto e devo odiarlo Anche se oramai non vale niente
Poi guardo quegli occhietti da bambino
Ma non ho il coraggio di donarlo a te Non mi ringrazieresti coi tuoi baci Odo un vagito gemere dal nulla Mi getto a capofitto nella culla Che chiedono perdono al suo papà Odio mio figlio
Lo odio con tutta la mia anima e lo vedo
Dio che mi succede Lo odio con tutta la mia anima e lo vedo Lo so che non ha colpa, ma non posso amarlo In cambio non lo accetto, devo odiarlo Odio mio figlio Dio che mi succede
L’ho solo perdonato, ma mi bagno il viso
Quel bimbo fuori guarda e mi fa già un sorriso

venerdì 6 novembre 2020

La scuola non si ferma


 La scuola non si ferma. Non si è mai fermata, da quando, tra fine febbraio e l'inizio di marzo, i docenti, magari ultracinquantenni, hanno reimparato il loro mestiere, sperimentando modalità di insegnamento cui mai avrebbero pensato di approdare. Improvvisamente G-Suite, Classroom, Drive, Moduli, Meet, sono diventati familiari anche a coloro che, in precedenza, non sapevano nemmeno da dove si accendesse un computer.

La scuola non si ferma, non si è mai fermata, checché ne pensassero coloro che hanno accusato la classe docente di aver usufruito di un lunghissimo periodo di vacanza a partire dal marzo scorso. C'è chi, tra gli insegnanti, bisogna ammetterlo, ha davvero goduto di un lungo periodo di vacanza: lo sanno i loro studenti, le famiglie, ma anche i colleghi e i dirigenti. Ma è ingiusto pensare che sia stato per tutti, per molti, così. La scuola non ha chiuso e non chiuderà. Per questo, adesso, andare a scuola, per i docenti, per continuare a far lezione in un'aula vuota, è dare un segnale: quello di chi esercita un mestiere essenziale, che si pone al servizio delle menti più giovani al fine di farle crescere, seppur in una condizione di difficoltà. Una sfida che, da sempre, i docenti sono disposti ad accettare.

domenica 25 ottobre 2020

"La social catena"

 "Il 6 agosto 2020 Tizio parte per le vacanze. Il 12 agosto contrae il Covid19 da un asintomatico, ignaro di esserne affetto. Tizio, di ritorno dalle vacanze il 14 agosto 2020, non effettua il tampone. E' asintomatico; il 20 agosto 2020 incontra Caio e Sempronio cui trasmette il virus. Caio e Sempronio restano asintomatici. Caio, il 26 agosto, partecipa a una festa di compleanno e trasmette il virus a tre persone. Sempronio, il 29 agosto, partecipa a un matrimonio e trasmette il virus a dieci persone. Una delle persone incontrate da Caio, il 3 settembre contagia tre persone, compresa sua nonna che ha 75 anni. Il 4 settembre comincia ad avere febbre e malesseri vari; non è grave. Sua nonna, invece, il 10 settembre, viene ricoverata in terapia intensiva. Nel frattempo ...".

La storia continua così. Per coloro che si fanno beffe del numero dei contagiati, comunicato quotidianamente, ritenendo che contare gli asintomatici non serva a nulla, suggerirei di riguardare il numero dei contagiati del 25 settembre e quello del 25 ottobre 2020. Al momento le strutture sanitarie reggono ma potrebbe succedere che, in breve tempo, non reggano più. E non mi si venga a dire che occorre salvare l'economia. La storia della diffusione delle epidemie insegna che l'economia non può non risentirne. E allora, quello che davvero occorre fare, è stringersi in una "social catena", per contrastare grazie alla solidarietà e al senso di comunità, questa prova che tutti noi, indistintamente, siamo chiamati ad affrontare.




"Così fatti pensieri                                145
Quando fien, come fur, palesi al volgo,
E quell'orror che primo
Contro l'empia natura
Strinse i mortali in social catena,
Fia ricondotto in parte                                150
Da verace saper, l'onesto e il retto
Conversar cittadino,
E giustizia e pietade, altra radice
Avranno allor che non superbe fole,
Ove fondata probità del volgo                            155
Così star suole in piede
Quale star può quel ch'ha in error la sede."
(Giacomo Leopardi: "La ginestra, o il fiore del deserto", versi 145 - 157)



sabato 28 dicembre 2019

Il pianto di Rachele e la strage degli innocenti: le responsabilità degli adulti

Muoiono. Cadono sulle strade, impregnate del loro sangue, spesso nei fine settimana, all'alba di una domenica mattina, al termine di una notte da sballo, fatta non più solo di luci stroboscopiche e musica ad altissimo volume ma spesso di pasticche a basso costo e di facile consumo e fiumi di alcol, e corse in automobile e rincorse alla ricerca di un senso di questa vita, di questa storia "anche se questa storia un senso non ce l'ha" come canta Vasco.
Spesso hanno tra i 15 e i 25 anni. Giovani, giovanissimi, che a volte non hanno nemmeno fatto in tempo a diventare anagraficamente adulti.
E noi, adulti attoniti, versiamo lacrime e imprechiamo contro un destino crudele e una società violenta, sbagliata, ingiusta.
Così, spesso, dimentichiamo, noi adulti, che la società è l'insieme di noi tutti.
Noi tutti che abbiamo accettato di rendere facile ciò che un tempo era proibito (anche se lo si faceva ugualmente), che abbiamo disimparato a dire "No", nell'illusione di rendere la vita più facile, senza complicazioni, senza traumi, senza difficoltà.
E invece il bello della vita sta proprio nello sfidarla, nel superare gli ostacoli, nell'affrontare le difficoltà e vincerle. 
Sembra che l'abbiamo dimenticato, noi adulti. Così, ai più giovani, non resta che cercare la sfida: nell'auto lanciata a gran velocità, nella nebbia di un cervello impasticcato, nella giostra di incontri sessuali consumati come un drink. Incapaci di emozioni, perché le emozioni vanno apprese e vanno insegnate, anche se fanno paura, anche se fanno male, anche se rendono fragili ed insicuri, come fragile ed insicura è l'umanità tutta.
Riappropriamoci delle emozioni. Riappropriamoci del pianto, non quello della sofferenza e del dolore di Rachele che piange per le vittime di una cultura falsa e illusoria, ma del pianto di gioia, quello di Filumena Marturano che scopre per la prima volta la forza e la bellezza dell'amore.

mercoledì 18 dicembre 2019

#Ediciamolo!

Non me la prendo con i ragazzi. Me la prendo con genitori e adulti che non hanno insegnato o non insegnano loro che esistono gli altri, con cui si convive e che meritano rispetto, lo stesso che si pretende per sé stessi; che le regole, anche se non piacciono, vanno rispettate; che i semafori non servono ad illuminare le città; che, soprattutto, i genitori e gli educatori non sono amici, non possono esserlo, dato che hanno un compito nobile: quello di educare e formare e per svolgerlo non si può, non si deve essere amici.