Visualizzazione post con etichetta Il mestiere dell'insegnante. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Il mestiere dell'insegnante. Mostra tutti i post

venerdì 14 luglio 2017

Parlare di ombrelloni mentre arriva lo tsunami

Qualche anno fa, nel corso di un incontro tra docenti e imprenditori nell'ambito di un aggiornamento su progetti di "Alternanza Scuola - Lavoro", un imprenditore affermò che, a livello nazionale, non ci si stava rendendo conto, da parte degli amministratori locali e nazionali, che il mondo stava cambiando, che nuove erano le sfide che la società doveva essere in grado di affrontare, a tutti i livelli. Questo comportava la capacità di progettare a medio e a lungo termine un'organizzazione, anche del lavoro, completamente diversa, e richiedeva, allo stesso tempo, un investimento forte sulla formazione.
Completò il suo intervento con un'immagine estremamente efficace: "Qui è come se stessimo su una spiaggia e continuassimo a parlare del colore degli ombrelloni senza renderci conto che sta arrivando lo tsunami."

giovedì 13 luglio 2017

La "classe capovolta"

A proposito di "classe capovolta" o "flipped classroom", risulta interessante l'articolo cui si rimanda, già pubblicato sulla pagina Facebook di questo blog (Sala Docenti).

lunedì 3 luglio 2017

Compiti per le vacanze

Li ho sempre detestati, sin da quando, bambina, mi venivano assegnati. Mi riducevo a svolgerli negli ultimi giorni di vacanza, tra gli sguardi torvi dei miei che mal tolleravano quella pessima abitudine. Ma io pensavo (e penso tuttora) che le vacanze siano sacre e se sono sacre non devono essere dedicate ai compiti scolastici ma ad altro rispetto alle abituali attività.
I miei studenti lo sanno: assegno sempre pochi (o non ne assegno affatto) compiti per le vacanze. Al massimo indico un libro da leggere o chiedo di sceglierne e leggerne
uno a piacere da una lista appositamente predisposta o ancora, come è accaduto quest'anno, chiedo di preparare, già per il primo giorno di scuola, tutti i quaderni delle discipline di mia competenza con la prima pagina intestata e personalizzata.




La vacanza è sacra e deve essere rispettata. Vale per me come per i miei studenti.

domenica 2 luglio 2017

A scuola si fa

A scuola si parla, si discute, si analizza, ci si confronta.
Ed è forse questo che ad alcuni non piace. 
E, aggiungerei, fa paura.

sabato 27 maggio 2017

Sogni rubati


Ci sono state alcune generazioni di giovani, quelli del '68 o degli anni successivi, che chiedevano per sé "l'impossibile", che difendevano "l'immaginazione al potere", che rovesciarono un sistema in nome di una libertà che esigevano per sé stessi, attaccando tutti i modelli sociali e familiari tradizionali.
In nome di quella libertà, molti, come l'aria, andavano, venivano, amavano, odiavano, mettevano al mondo figli di cui ugualmente rispettavano la libertà, tentanto di evitare che provassero frustrazioni, dispiaceri e brutture della vita quotidiana.
Quei figli, cresciuti come Narciso, secondo la definizione di Gustavo Pietropolli Charmet (in "Fragile e spavaldo - Ritratto dell'adolescente di oggi", Editori Laterza, Roma - Bari, 2008) si ritrovavano poi adolescenti, ovvero in un'età per definizione critica e complessa, sprovveduti e dunque fragili in una realtà che non si sentivano, e non si sentono, in grado di affrontare, spaventati e impauriti, dato che nessuno aveva fornito loro gli strumenti adeguati per affrontarla.
Così, i docenti di Lettere delle scuole superiori, se una ventina di anni fa, assegnando come prova di produzione testuale un racconto d'invenzione, si ritrovavano a leggere storie simpatiche, piene di curiosità e di gusto per la vita, con solo qualche eccezione in cui la vicenda narrata si concludeva drammaticamente, attualmente, assegnando lo stesso tipo di prova, si ritrovano a leggere nella stragrande maggioranza dei casi, storie con un finale tragico in cui il/la protagonista, solitamente in età adolescenziale, soccombe suicidandosi, vittima di bullismo e cyberbullismo.
Quasi ci si trova a pensare che chi voleva per sé un futuro radioso, quei giovani, diventati adulti, che sognavano l'impossibile, lo hanno rubato ai loro figli, strappando sogni, curiosità e fiducia nell'avvenire.

P.S. Questo post è dedicato a tutti i miei studenti, anche del passato, in particolare a chi so che  passa di qui per leggere ciò che scrivo. Grazie, di cuore!


domenica 30 aprile 2017

Professione insegnante

Che tristezza imbattersi in un docente che non crede nel lavoro che svolge!
Che piacere, invece, incontrare insegnanti che amano il loro lavoro. Ci sono, questi insegnanti, e io ne conosco molti. Sono quelli che non hanno bisogno di mostrarsi necessariamente, sono quelli che credono nel lavoro che fanno e nell'alto compito educativo assegnato loro dalla società e dalle Istituzioni; sono quelli che non rivendicano quotidianamente un compenso economico per quanto fanno, nonostante tutto il loro tempo, anche quello non retribuito, dedicato all'attività che svolgono. Ci sono, questi insegnanti, e non c'è nulla di più importante di aver l'opportunità di incontrarne almeno uno durante il proprio percorso scolastico (come è capitato a tanti).

lunedì 10 aprile 2017

I semini della buona educazione.

In attesa che gli umani recuperino "la legge morale dentro di sé" di kantiana memoria, ci si potrebbe affidare alla tecnologia che, nel contempo, ha fatto passi da giganti: un microchip, inserito alla nascita in ciascun umano, che possa impedire gli attraversamenti con il rosso, l'invasione di piste ciclabili da parte di automobilisti frettolosi, bevute esagerate accompagnate da corse folli in auto, corruzione e collusi, etc., etc, etc.. Sarebbe un mondo asettico, non certo felice e, forse, nemmeno meno violento. E, allora, non ci rimane che sperare nei semini lasciati da una buona educazione.

sabato 25 marzo 2017

Angherie da bulli: le responsabilità degli adulti

C'è stato un periodo, una ventina di anni fa, in cui si tendeva a liberare le famiglie dalle loro responsabilità, attribuendo certi comportamenti giovanili alla cattiva influenza della società. La verità è che la società è data dalle persone che la costituiscono e se tra queste persone ci sono genitori che non educano i figli al rispetto di sé stessi e degli altri, ritenendo magari certi comportamenti solo innocenti ragazzate, non possiamo che aspettarci tali risultati. Quando tuttavia si verificano certi episodi, non si può non sottolineare la grave responsabilità degli adulti, lontani a volte da quel patto educativo che permette ai più giovani di crescere senza dover calpestare e umiliare coloro che si ritengono più deboli, nell'illusione di essere più forti. 
Non si è più forti: si è solo dei deboli vigliacchi.

venerdì 1 luglio 2016

"preti e puttane"

"Le maestre sono come i preti e le puttane. Si innamorano alla svelta delle creature. Se poi le perdono non hanno tempo di piangere. Il mondo è una famiglia immensa.
C’è tante altre creature da servire.
È bello vedere di là dall’uscio della propria casa. Bisogna soltanto essere sicuri di non aver cacciato nessuno con le nostre mani." (Scuola di Barbiana: "Lettera a una professoressa", Libreria Editrice Fiorentina, Firenze, 1967, Pagg. 41 - 42)




martedì 17 maggio 2016

A proposito di prove INVALSI...



Sinceramente (e qui so di attirare il disappunto di molti) io tutta questa avversione nei confronti dei test INVALSI non la capisco. Si tratta di normali prove che si trovano ormai su tutti i manuali scolastici, esercizi di comprensione ed analisi del testo con domande aperte e/o a risposta chiusa. E' una delle tipologie di prova che viene adottata per verificare il livello di apprendimento dello studente. E allora? Dov'è il problema? Non sarà che il vero problema costituito dalle prove INVALSI sia quello del docente che, a fronte di prove parallele che forniscono risultati negativi, si sente valutato e giudicato a sua volta, cosa che, evidentemente, non apprezza?

martedì 5 aprile 2016

Non siete credibili!

Lo continuo a sentire, benché ormai non me lo dicano più da qualche anno.
"Non siete credibili!" continuavano a ripetere gli studenti della quinta decimata anche agli Esami di Stato.
Lo ripetevano, in particolare, il capo-coro, interista e fan di Materazzi, e il suo amico dal quaderno perfetto.
Sostenevano che noi adulti, docenti in particolare, continuassimo a minacciarli di punizioni che mai avrebbero ricevuto.
"Non lo vede, profe? Noi non abbiamo mai studiato, abbiamo sempre fatto ciò che ci pareva eppure siamo qui, in quinta. In cambio non abbiamo imparato nulla ma a noi, e anche a voi, ci sembra, non importa niente."
E continuavano elencando i disservizi di cui erano stati vittime all'interno del sistema scolastico, evidenziando con ferocia tutte le lacune degli insegnanti, o presunti tali, che avevano incontrato nel corso della loro carriera (chiamiamola così) scolastica.
Non riuscivano a spiegarsi perché mi disperassi al posto loro. "Andrà tutto bene, come è sempre stato. Questa scuola qui fa schifo, profe!".
Si sbagliavano, naturalmente. Ed a un certo punto il Consiglio di Classe decise di fare sul serio. Si unirono alla punizione anche i colleghi che con loro erano stati amiconi fino a quel momento.
Pagarono soprattutto i più fragili. Non che non se lo fossero meritato, per carità.
Sicuramente però, i 52 studenti che si erano iscritti in prima, ripartiti in due diverse classi, avevano altre aspettative: non pensavano certo che, cinque anni dopo, solo 10 di loro avrebbero superato l'Esame di Stato.
Con loro la scuola aveva fallito, mettendo in discussione la propria credibilità.

(Già pubblicato su altra piattaforma il 15 ottobre 2010)

giovedì 17 marzo 2016

Come in amore


Fu Antonella Landi, collega stimata, collaboratrice, tra l'altro, di varie testate giornalistiche, a scrivere in un suo articolo pubblicato sulle pagine fiorentine del "Corriere della Sera" dedicate a "I quaderni della Profe", la sua rubrica settimanale: "A scuola è come in amore: bisogna essere in due a voler far funzionare il giochino.".
Altrimenti, aggiunsi io qualche tempo dopo, in occasione di una delle più memorabili sfuriate che mi sia capitato di fare agli studenti, diventa masturbazione. Masturbazione intellettuale, ma sempre masturbazione è.
Loro, gli studenti, in quell'occasione, apprezzarono. Chiesero di scrivere la frase sulla lavagna.
Ci eravamo chiariti. Ci eravamo rappacificati.
Seguirono poi attentamente la lezione, prendendo diligentemente gli appunti per prepararsi alla prossima verifica scritta. E anch'io procedetti in modo spedito e preciso, attenta ad ogni dubbio o richiesta che provenisse da loro.
Ci eravamo chiesti reciprocamente scusa e sembrava che nulla, in precedenza, fosse accaduto.
Proprio come succede dopo un litigio tra innamorati.

La verità è che, come già Don Milani aveva affermato, il mestiere dell'insegnante va fatto con amore. Altrimenti è meglio non farlo.

mercoledì 20 gennaio 2016

Selezione dei docenti

Sono assolutamente contraria al concorso pubblico per l'abilitazione dei docenti: ritengo che la formazione e l'abilitazione dei docenti debbano passare attraverso un tirocinio in classe obbligatorio, in compresenza con un tutor formatore, cui far seguire gli esami finali (scritto e orale). Ritengo altresì che prima di questa procedura nessuno debba entrare in una classe come supplente: l'esperienza professionale (e/o l'abilitazione) non deve essere costruita sulla pelle degli studenti.

martedì 12 gennaio 2016

Cose utili e inutili

Io ripartirei da qui. Dall'affermazione di Don Lorenzo Milani "La scuola è quel luogo dove si insegnano cose utili, quelle cose che il mondo non insegna, sennò non va bene." riportata in "Una lezione alla scuola di Barbiana" (Don Lorenzo Milani: "Una lezione alla scuola di Barbiana", a cura di Michele Gesualdi, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze, 2004, pg.11).
E' indubbio che quelle che cinquant'anni fa Don Milani riteneva "cose inutili" attualmente possano essere considerate utilissime, o viceversa.
In generale, riprendendo la citazione del priore di Barbiana, devono considerarsi cose utili "quelle cose che il mondo non insegna".
Attualmente sono tantissime le cose che il mondo non insegna: il rispetto per sè stessi e per gli altri, la passione, la curiosità vera, l'arte di saper aspettare, la bellezza, il sacrificio.
A scuola ci si può (anzi, a mio avviso si deve) dedicare al ballo, alla musica, al teatro etc., a patto che non lo si faccia seguendo mode e fenomeni culturali di basso profilo (che potrebbero al limite essere analizzati per la loro capacità di attrarre le masse).
La scuola che auspico è quella che dia a tutti la possibilità di crescere, di scoprire sé stessi e le proprie potenzialità, di formarsi come persona nel senso più completo del termine, imparando a non farsi schiacciare dalle mode, dalla massa che tutto omologa e appiattisce.

‎(Vecchio post, già pubblicato sulla piattaforma Splinder da Critolao il ‎17 ‎giugno ‎2008 ma oggi come allora attualissimo)

mercoledì 6 gennaio 2016

Parliamo?

Adorano parlare, i miei studenti.
E non lo fanno, come affermano i colleghi più maligni, per perdere tempo ed evitare di far lezione o un'interrogazione.
Sono pieni di dubbi e vogliono capire: il senso della vita, dell'amicizia, dell'amore...
"Perché?" chiedono spesso, sperando che io possa dar loro la risposta giusta.
E io, di fronte alle loro domande che io stessa mi pongo e che da sempre l'essere umano si pone, non posso fare altro che ascoltare e lasciarli parlare. Confrontandosi, parlando, hanno l'occasione di scoprire che l'ansia, l'angoscia, i dubbi che ciascuno di loro prova sono gli stessi che ciascuno di noi ha provato e prova.
Ecco perché parlarne ci fa bene.
(Già pubblicato con altro account su altro blog e su altra piattaforma il 16 marzo 2009)

venerdì 25 dicembre 2015

A volte spariscono

I miei alunni dicono che sono fissata. E' vero, lo sono. Molto fissata. Puntigliosa. Meticolosa.
Entro in classe, in qualunque ora della mattinata, e faccio l'appello. "Ma profe" - mi dicono -"gli assenti sono già segnati, non è la prima ora, questa."
Vero. Peccato però che può accadere (è accaduto) che a volte gli studenti spariscano. Vanno via. Escono dall'Istituto e non tornano più in classe. E quando lo si scopre, di chi è la colpa, se non dell'insegnante?
"E' l'insegnante che deve controllare che durante le ore di lezione nessuno vada via." Così di sentì dire una collega dal suo Dirigente Scolastico il giorno che, alla quarta ora (quella dopo l'intervallo) si accorse che due studenti non erano rientrati in classe uscendo dall'Istituto. "Bisogna fare l'appello sempre, appena si entra in classe, e segnalare le anomalie." Così parlò il Dirigente Scolastico.

Ed io, da quel giorno, appena entro in classe faccio l'appello. Non si sa mai. Perchè accade (è accaduto) che gli studenti a volte spariscono.

Compiti per le vacanze

Li ho sempre detestati, sin da quando, bambina, mi venivano assegnati. Mi riducevo a svolgerli l'ultimo giorno di vacanza, tra gli sguardi torvi dei miei che mal tolleravano quella pessima abitudine. Ma io pensavo (e penso tuttora) che le vacanze siano sacre e se sono sacre non devono essere dedicate ai compiti ma ad altro rispetto alle abituali attività.
I miei studenti lo sanno: assegno sempre pochi (o non ne assegno affatto) compiti per le vacanze. Al massimo indico con abbondante anticipo qualche libro da leggere o una poesia da imparare a memoria.
Ecco perché io stessa non mi sogno nemmeno di correggere i pacchi di compiti durante le vacanze di Natale. 
Quando ne ho (quest'anno non ne ho) lo faccio solo a partire dal 7 gennaio. 
Ciò significherà che, per par condicio, non potrò controllare i compiti o interrogare il 7 gennaio.

La vacanza è sacra e deve essere rispettata. Vale per me come per i miei studenti.

(Post già pubblicato su "Sala docenti")

sabato 19 dicembre 2015

Il coraggio di essere adulti

Non è giusto, non è onesto continuare a prendersela con i più giovani, accusarli di inedia, rimproverarli perché incapaci, svogliati, sfiduciati o anche eccessivi, immorali, disincantati.
In qualità di adulti abbiamo grosse responsabilità: abbiamo preteso di restare per sempre giovani, abbiamo rifiutato di crescere diventando amici dei più giovani, strizzando l'occhio e agevolandoli in un percorso di vita che era piuttosto un eterno giro di giostra, un paese dei balocchi in cui ci si divertiva solamente e non si conoscevano il dolore, la sofferenza, la fatica di affrontare le difficoltà, la fatica di crescere.
Adesso però ci si rende conto che i più giovani fanno fatica ad affrontare la quotidianità, si annoiano o sembrano incontentabili. Ricorrono ad artifizi per sopportare la fatica di crescere, di vivere.
Forse è arrivato il momento di cambiare rotta. E di seguire i consigli di chi, come Paolo Crepet (vedi: Paolo Crepet: "L'autorità perduta - Il coraggio che i figli ci chiedono", Einaudi, Milano, 2011), invita gli adulti che per anni hanno abdicato al ruolo di educatori, ad avere coraggio: il coraggio di insegnare ai più giovani ad affrontare e superare le difficoltà, le fatiche, le ansie, le tensioni, gli ostacoli che la vita inevitabilmente comporta per renderli forti, desiderosi di affrontare le sfide e vincerle.
(Già pubblicato sul blog "Sala Docenti")

venerdì 27 novembre 2015

Scuola di valutazione e valutazione a scuola

Probabilmente sarò in controtendenza rispetto a molti colleghi. A me, tuttavia, la Riforma della scuola, le prove Invalsi e le varie proposte di cambiamento che stanno interessando il mondo della scuola non dispiacciono affatto. Da sempre ritengo che i test Invalsi possano dare indicazioni per valutare l'efficacia dell'azione di insegnamento/apprendimento.
Si badi bene: non devono essere considerate l'unico strumento ma uno degli strumenti, anche abbastanza oggettivo, di cui ci si avvale.
Ugualmente, sono dell'idea che l'attività del docente debba essere valutata. Le modalità di tale valutazione possono essere diverse ma devono esserci. In tutti i sistemi organizzativi esiste una valutazione ed è su quella che, a mio avviso, ci si deve basare anche per stabilire i diversi criteri di carriera e retribuzione.
Sinceramente sono stanca di fronteggiare proposte sindacali che mirano a difendere l'indifendibile e a puntare sulla quantità piuttosto che sulla qualità; sono stanca, per esempio, di dover assistere a lezioni (o presunte tali) di colleghi che passano il tempo a leggersi il giornale in classe mentre gli studenti vengono abbandonati a guardare un film su cui poi non devono produrre nulla: nessuna discussione, nessuna riflessione né scritta né orale (e non entrerò nemmeno in merito sulla qualità delle proposte cinematografiche). 
La professionalità docente è sicuramente difficile da valutare ma che non lo si possa fare è una leggenda diffusa probabilmente da coloro che non hanno alcuna intenzione di essere valutati, almeno formalmente, visto che ciascuno di noi docenti viene quotidianamente valutato e rispettato (o meno) per ciò che fa.

mercoledì 25 novembre 2015

Passione politica

Furono la mia insegnante di Lettere del ginnasio e, successivamente, la mia insegnante di filosofia del liceo a farmi appassionare alla politica.
"L'uomo è un animale politico, come diceva Aristotele, ed ogni nostra scelta è una scelta politica, anche se non ce ne rendiamo conto." , così mi è stato insegnato.
E, in effetti, quelli erano anni di grande impegno politico in cui erano coinvolte soprattutto le giovani generazioni. Erano gli anni de "Il personale è politico", in cui diventava necessario per ciascuno di noi mostrare impegno ed interesse attento verso le grandi questioni, nazionali ed internazionali. Guai a non interessarsene, si veniva tacciati di qualunquismo, nella migliore delle ipotesi, o di fascismo.
Questo era ciò che accadeva nel mio liceo e nella cittadina del sud d'Italia in cui vivevo. Ammettere di apprezzare un disco di Battisti o di Baglioni, di leggere una rivista femminile o, peggio ancora, di seguire il calcio poteva diventare occasione di disprezzo da parte degli "impegnati" di sinistra.

Inizialmente abbracciai con entusiasmo e passione l'impegno politico. Frequentavo le sezioni di partito e i collettivi femministi e scoprivo un mondo diverso da quello in cui avevo creduto di vivere fino a quel momento. Certo, c'era qualcosa che non mi convinceva e non mi piaceva. I picchetti e il servizio d'ordine per le manifestazioni e gli scioperi, ad esempio. Le spedizioni punitive contro "i fasci che hanno picchiato i compagni". La censura preventiva verso gli interventi di coloro che la pensavano diversamente durante le assemblee d'istituto al grido "I fascisti non devono parlare!".
Non mi stava bene e cominciai a dirlo. Venni tacciata di essere fascista anch'io. All'epoca (erano gli anni Settanta) era un grave insulto. Non mi importava. Non era quello ciò che mi avevano insegnato essere la politica, l'arte di partecipare alla vita pubblica. Non mi interessavano le etichette. Mi interessavano le idee. Seguace dei principi dell'Illuminismo, facevo mio l'aforisma di Voltaire: "Non sono d'accordo con te, ma darei la vita per consentirti di esprimere le tue idee".

Esprimevo così la mia passione politica. Ancora oggi la esprimo così. Ascoltando gli altri, documentandomi, disprezzando i toni aggressivi di chi attacca preventivamente l'avversario schernendolo ed insultandolo. Ciò che mi interessa è capire: capire le ragioni degli uni e degli altri, al di là degli schieramenti e delle posizioni preconcette.
(Revisione di post già pubblicato)